Wednesday, May 28, 2008

MARTYRS di Pascal Laugier (2008)

Dopo Saint Ange, che comunque era stato venduto in tutto il mondo, Pascal Laugier pensa bene di allinearsi con le produzioni horror francesi come Alta Tensione, A L'Interieur e Frontiere(s), spingendo sul pedale della violenza senza taboo. La cosa che salta subito all'occhio dopo la visione di Martyrs è che si tratti di un film "macedonia" ovvero un miscuglio di diversi stereotipi di horror moderno. La storia brevemente riguarda due ragazze che hanno vissuto una prigionia sotto tortura per una qualche motivo che è poi il twist del film. In maniera un po' confusa una di esse, insieme all'amica, va a farsi giustizia da chi l'ha tenuta prigioniera. Se cerchiamo di capire di che film si tratta da questa descrizione rimarremo fuori strada. Perchè Martyrs non ha affatto una narrazione lineare ma si divide in tronchi ben divisi che vogliono catturare diversi tipi di pubblico. Allora dopo un attacco alla famiglia media del tipo Funny Games il film diventa una specie di j-horror con le visioni di questa ragazza scarificata che ricorda una versione occidentale delle varie Sadako. Sembra che il film si ponga come un horror sovrannaturale con elementi gore sul tema del rimorso, però c'è una ulteriore svolta narrativa. In film cerca di insediarsi nei territori di Hostel, con una organizzazione dedita per alcuni motivi alla tortura, ed un sentore quasi shyamalaniano del "tutto avviene per un motivo". Alla fine la tortura avviene e dura una buona mezz'ora di film, che diventa insostenibile non tanto per la natura delle torture nè per il loro fine che comunque è affascinante, ma per la sistematica durata delle stesse. Tra pugni e alimentazione forzata, una ragazza viene torturata fino all'estasi. Il film quindi diventa duro proprio per questa sua estenuante persistenza. Gutta cavat lapidem si potrebbe dire. E a lungo andare non si riesce ad essere indifferenti anche se, alla fine, è tutto un espediente. Metteteci anche che il film cita copiosamente Argento, a cui il film è dedicato, e vi trovate davanti ad uno strano ibrido, ben girato e di sicuro effetto ma indeciso su cosa vuole essere.

di Gianluigi Perrone

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