Thursday, June 15, 2006

ISI DISI - AMOR A LO BESTIA

Una ripresa aerea apre il film, attraversiamo delle candide nubi come all’ inizio di BEETLEJUICE SPIRITELLO PORCELLO, arriviamo planando verso un quartiere mentre una voce soave e disincantata ci presenta quello a cui lentamente ci avviciniamo. Un grande quartiere appare ai nostri occhi. Palazzi di altezza media in rossi mattoni a vista, il quartiere di Leganes, sobborgo di Madrid. Chi ci parla è Isi (Santiago Segura) che presenta il suo barrio (quartiere) come fosse il centro dell’universo. Ci spinge fra le strade di questo “paradiso” fino a farci conoscere il suo amico del cuore Disi (Florentino Fernandez). Vediamo una strada che si chiama come lo storico gruppo Hard Rock australiano AC/DC. I due amici si chiamano appunto Isi e Disi che sarebbe la pronuncia Spagnola del gruppo sopra citato. Sono entrambi Heavys, nome con cui si identificano i metallari in terra Iberica e la loro vita scorre a gonfie vele tra il loro locale preferito “La campana del inferno”, da “Hell Bells” storica canzone del gruppo Australiano, e tra i mille divertimenti che Leganes offre loro. Irrompe in questo paradiso “borchiato”, turbando la pace e il quieto vivere, l’amore. Isi infatti si innamora di una studentessa universitaria che frequenta un corso nel distaccamento universitario di Leganes. Lei è una ragazza seria nell’accezione comune e di sani principi, ma Isi, sebbene provengano da ambienti differenti, non si da per vinto. Santiago Segura ci narra il suo amore e la sua storia in maniera disincantata quasi scimmiottando a tratti FORREST GUMP e a tratti AMERICAN BEAUTY. Dimenticavo di dire che il film è comico, a tratti demenziale. Tutta la storia è condita di un grottesco quasi fiabesco e ne accadono di tutti i colori. Si spazia da schizzi di sperma a maltrattamenti nei confronti dei nerdz, a rocambolesche fughe per le strade del quartiere a stelle cadenti che avverano desideri. Non c’è limite ai casini che combinano i due e Segura torna a vestire i panni che già lo caratterizzavano ne IL GIORNO DE LA BESTIA, del metallaro appunto.
ISI DISI non è un film di grandi pretese, non è di un umorismo pungente come TORRENTE, è quasi ingenuo nella sua comicità, si ride come durante una gag di torte in faccia, senza tenere collegato il cervello. Le vicissitudini narrate nel film compiono un percorso circolare e il messaggio finale ci fa sorridere perché sembra quasi dirci che qualsiasi cosa stiamo facendo è la cosa giusta, basta seguire il cuore e va tutto bene. Da segnalare il cartoon che compone i titoli di coda, sorprendente per originalità e inventiva.

di Davide Casale

Sunday, June 11, 2006

FASTER PUSSYCAT KILL!KILL!

Probabilmente Faster Pussycat Kill !Kill! è l'opera migliore di Russ Meyer perchè concentra in sè tutti gli stilemi che hanno reso
cult uno dei registi più ananrchici che abbia operato in territorio americano. La carica iconoclasta dell'opera contro la tradizionale mentalità maschilista e fallocratica della società è tutt'oggi ancora viva ed attuale. Quando MEyer prende a cazzotti nello stomaco la supremazia dell'uomo sulla donna generando personaggi femminili grotteschi ma dirompenti nel corpo e nell'anima,inarrestabili e inplacabili come non se ne erano mai visti.
Faster Pussycat è l'epopea selvaggia di tre spogliarelliste criminali a bordo delle loro fiammanti macchine sportive che cavalcano le polverose vie del deserto Mojav in cerca di libertà ed emozioni forti. Le tre donne,Rosie e Billie e l'estrema Varla risaliranno il limite lungo una strada di sesso violento e sensuale violenza massacrando di botte il tipico bulletto maschilista,rapendo e malmenando una giovane cretinetta in bikini e scontrandosi contro una turpe famigli guidata da un maniaco misogino in sedia a rotelle e un povero demente dai modi truci. Ma la grande Tura Satana,che in questo film troverà l'immagine della sua vita,e le sue amiche combattono in realtà contro gli stereotopi ottusi del perbenismo americano
affrontando,è proprio il caso di dirlo,"di petto" la società avversa e inconcepibile.Perchè loro sono spietate e slegate da qualsiasi rapporto con la società,delle psicopatiche fumettistiche i cui comportamenti sono puro istinto e la cui forza risiede nella potenza degli ormoni. Sensuali e folli,le donne di Meyer sono il testamento di una società utopistica dove dominano queste amazzoni aliene,dure e feroci ma incredibilmente sensuali nelle loro caratteristiche distintive,come il modod di esprimersi di Varla,l'accento esotico di Rosie e la maniera incredibilmente ipnotica di muovere il culo di Billie tutte distinte da un seno strabordante,osceno,un'arma da guerra contro la mentalità reprimente dell'Emerica degli anni '60.
Considerato un pornografo,Meyer era in realtà un cavallo selvaggio dall'ottica disturbata e ironica che lo salvava dalla follia visiva.Non a caso,pur cartoonistico e delirante,Faster Pussycat è il film più lineare,con una trama più concreta del resto della produzione di Russ Meyer.Negli anni il film diventerà un cult senza tempo e soprattutto il portabandiera di un femminismo,quello pulsante e vivo non quello represso e frustrato.

di Gianluigi Perrone

Saturday, June 10, 2006

THE HOST

Dopo il successo dell'ottimo Memories of Murder,l'aspettativa per il nuovo Bong Joon-Ho era decisamente alta ed il film,presentato a Cannes,era la punta di diamante della produzione sudcoreana dell'anno corrente. Le pochissime
indiscrezioni rivelavano come plot principale la comparsa di una creatura sulle sponde del fiume Han che sparge il terrore tra la popolazione di Seul. Un Monster Movie quindi ma visti i precedenti non propriamente classico. Bong effettivamente si getta nel tentativo ma non riesce a prevalere sull'anima da blockbuster dell'opera.
The Host si concentra sulla storia della famiglia Park,di estrazione ploretaria,composta da personaggi più o meno emarginati.
Un diplomato senza occupazione fissa e problemi di alcohol,un fannullone un pò tonto e narcolettico ed una aspirante
campionessa di tiro con l'arco fanno capo ad un padre di umilissime origini. La loro routine viene rotta dall'attacco di una creatura che ricorda molto da vicino l'immagine del primate mezzo pesce mezza lucertola che risalì dalle acque milioni di anni fa per popolare la terra ferma,generato,in questo caso,da una orrenda metamorfosi causata dall'inquinamento del fiume.
Quando la bambina di Kang-du,il figlio fannullone interpretato da Song Kang-ho(già attore feticcio sia di Bong che di Park Chan-wook),verrà rapita dal mostro,la famiglia si metterà alla sua ricerca ostacolati dalla cecità dell'autorità che crea falsi allarmi per la presunta infezione di un virus inesistente.
The Host vuole essere un'opera ecologista in primo luogo ma anche e soprattutto una critica all'assalto mediatico che gli Stati Uniti usano come influenza nei confronti della Korea del Sud. Un tema molto battuto dagli autori contemporanei coreani,il problema dell'invasività americana è qui mostrata in maniera esplicita e anche un pò banale. Bong si perde troppo spesso in
stereotipi narrativi(vedesi l'uso delle musiche)che rimangono fuori luogo se confrontati con la narrazione dell'opera. La sceneggiatura alterna momenti drammatici con scenette comiche che risultano inutili e spesso anestetiche. Questo perchè The Host richiedeva comunque di essere un blockbuster e la presenza di variazioni del tema sembra messa lì per dare un minimo di spessore che non c'è. Anzi si creano delle incongruenze narrative assurde che distolgono dalla tensione originale del film. La regia è sontuosa e,come ormai standard per la korea del sud,visivamente ineccepibile quando riesce a sfruttare al meglio la scenografia del ponte sul fiume Han. Il Mostro,creato dalla Weta è,forse volutamente,un pò goffo ma è anche mostrato troppo tanto da assuefarsi presto alla visione. E se comunque ci vengono presentati i personaggi con cura,avviene in maniera statica e mai catartica. Alla fine Bong riesce con il mestiere e il talento a salvare il film dall'essere un piatto pastrocchio commerciale ma dati i precedenti era naturale aspettarsi di più.

di Gianluigi Perrone

Wednesday, June 07, 2006

IL SIERO DELLA VANITA'

L'opera seconda di Alex Infascelli nasce avanti ad aspettative molto alte,grazie alla meritata fama delle virtù del regista,e
riesce a procurarsi un casti di grandi nomi italiani davanti alla macchina da presa,tra cui Margherita Buy e Francesca Neri,nonchè l'ottima Barbora Bobulova, ma anche Valerio Mastandrea e Marco Giallini.Da un soggetto di Niccolò Ammanniti,Il Siero della Vanità si muove nell'inedito mondo della televisione.Quando alcuni personaggi televisivi cominciano a scomparire,le forze dell'ordine richiamano a rapporto la poliziotta Lucia Allasco,ritiratasi per via di un'incidente subito in passato e sull'orlo dell'alcolismo la
quale,indagando,scoprirà che le persone scomparse erano tutte partecipanti di uno show televisivo di una guru del piccolo schermo,Sonia Norton. Evidente,nelle intenzioni dell'autore,è il voler criticare aspramente il sistema televisivo e il mondo che ci gira intorno dipingendo negativamente i vari personaggi che purtroppo nella realtà sono anche peggio. Per cui si vedono i comportamenti frivoli e il voler fare spettacolo ad ogni costo di un teatrino di squallidi individui spesso portati a caratterizzazioni non così estreme visto l'andazzo qui in Italia. Opinionisti antipatici,conduttrici faine e starlette cocainomani in crisi sono la base su cui si pone critico l'occhio di Infascelli,anche se un pò troppo spesso in maniera banale e scontata. Il voler apparire ad ogni costo è il tema principale che distingue ogni personaggio del film,decantando la purezza di chi invece se ne infischia di tali sovrastrutture. Qualsiasi critica al sistema messo su da pochi mercenari dell'immagine va solamente supportata anche perchè per certi versi Il Siero della Vanità riesce ad essere un thriller avvincente. Infascelli ha un buon stile
registico che cura attentamente nelle scene a cui tiene di più.Purtroppo si perde spesso in banalità e inutili lungaggini che penalizzano molto il lavoro nel suo insieme. Tranne Margherita Buy,bravissima e assolutamente in parte,gli altri personaggi non vengono ben caratterizzati se non rimandandoli al "supposto alter-ego" nella realtà e la stessa soluzione finale "fa abbastanza acqua".Limitatamente a questo rimangano le critiche perchè la bravura di Infascelli sta sempre nell'essere capace di scovare progetti diversi e inediti se non accattivanti.L'opera poteva sicuramente essere migliore ma nel complesso siamo comunque e sempre oltre la media.

di Gianluigi Perrone

TORRENTE-EL BRAZO TONTO DE LA LEY

Siamo alla periferia di Madrid in uno dei tanti quartieri popolari e ci troviamo catapultati nella vita di Josè Luis Torrente, ex poliziotto di mezza età che vive col padre. Un ex pubblico ufficiale intenzionato ad essere riammesso nella polizia dopo essere stato cacciato. Josè Luis racchiude tutti gli aspetti negativi di un essere umano del mondo cosiddetto civilizzato: razzista, ubriacone, violento, sessista, fannullone, inaffidabile ed estremamente disonesto. Sembra vi stia presentando un clone de IL CATTIVO TENENTE, ma TORRENTE è un film che fa letteralmente scompisciare dalle risate. Santiago Segura, come il personaggio del film, è originario di un quartiere periferico di Madrid e anche grazie a questo si cala perfettamente nella parte e dirige il film con naturalezza e forte di esperienze vissute, esaltando e portando all’estremo situazioni tipiche della vita quotidiana e luoghi comuni della Spagna più tradizionalista. Le battute e le gag sono inserite in situazioni di quotidianità e la depravazione che si crea attorno Torrente è di quanto più divertente si possa immaginare. Un umorismo estremamente cinico, sporco e decadente, spietato in alcuni punti, soprattutto per quanto riguarda la figura del padre il quale viene obbligato a chiedere l’elemosina dal figlio. Segura inserisce in quell’ambiente delirante un intrigo che non può che far ricordare alcune vicende del MONNEZZA, ma funge da pretesto per lasciare aperto un sequel e per andare affondo nella drammaticità carnevalesca del protagonista. Come Alex De La Iglesia anche Segura ama i Friky, che sarebbero in spagnolo i nerdz. Torrente si circonda di personaggi assurdi, ragazzini patetici me estremamente comici e grotteschi nella loro ridicolaggine. Torrente fa da guida spirituale a questi individui e li sfrutta per i suoi scopi che ovviamente contemplano il suo personalissimo “vivere in maniera retta”, sebbene la cosa faccia ridere già di per se, e l’arricchirsi in maniera facile e non ultimo l’accrescere il proprio ego di condottiero e trascinatore di masse, in poche parole tenta di mascherare a se stesso l’essere il fallito per eccellenza.
Vedere Josè Luis Torrente rivolgersi alle ragazze del suo quartiere con modi tutt’altro che eleganti è impagabile. Vi innamorerete del personaggio fin dai primi minuti, grazie a un’ introduzione che ha del geniale. Josè Luis si aggira per il quartiere con la sua Seat Marbella stra vecchia e piena di gadget dell’Atletico De Madrid, seconda squadra della capitale Spagnola. Vede ogni tipo di atto criminoso e lo liquida con commenti ad alta voce che rendono quest’uomo un mito del trash ancora prima che il film si incanali in una trama. A tratti la colonna sonora ci accompagna con pezzi classici della Copla, musiche tipiche del paese della corrida e tanto amate dal nostro reazionario, ignorante, ma a cui ci affezioneremo, Josè Luis Torrente.

di Davide Casale