“Ho ucciso 17 uomini durante la mia attività di sceriffo,voglio arrivare a 20 prima della pensione….e mi manca davvero poco al pensionamento” urla contro uno sgherro del boss: ecco la filosofia dello sceriffo McClary. McClary è un uomo tutto d’un pezzo; odia i messicani, i pellerossa, gli ebrei ed ,in generale, tutto quanto non sia perfettamente “americano”. Un uomo del profondo Texas che non ha peli sulla lingua e che non esita a tirare il grilleto. La conoscenza dello sceriffo,interpretato da Glenn, è folgorante e la piega di questo B-movie sembra davvero far gridare al miracolo quando, dopo pochi minuti dai titoli di testa,assistiamo ad una carneficina in chiesa con tanto di pallottole esplose contro il prete ed il giudice federale. Quando,poi, quel sant’uomo del sacerdote,ferito,conferisce il sacro incarico di vendetta a McClary dicendogli: “…trova quel tizio,conficcagli un paletto nel cuore e consegnalo alla collera dell’Onnipotente”, c’è da esaltarsi come scimmie birmane. Purtroppo, le ottime premesse non vengono mantenute e la seconda parte del film riportano tutto nei binari del politically correct più becero. Assistiamo quindi ad una repentina discesa nel campo del buonismo che distruggono in maniera definitiva la caratterizzazione del retrogrado sceriffo,riducendolo alla mezza figura del solito buon padre di famiglia,tollerante e generoso. Una vera disdetta che lascia l’amaro in bocca e condanna questa pellicola a ritornare nel dimenticatoio dei film “da cestone del supermarket”,senza infamia ne lode. Tutto da buttare? Assolutamente no. Innanzitutto c’è uno svogliato William Forsythe che riesce pur sempre a dare un certo valore a qualsiasi villain. Scott Glenn non è mai assomigliato cosi tanto al mitico Warren Oates e sentire la sua voce roca nella versione originale del film è pur sempre una goduria. Insomma, un film che si lascia guardare, ma solo se rigorosamente accompagnato da un po’ di tortillas piccanti ed una buona birra gelata. Mexicana,of course.
Di ANDREA SCALISE
Sunday, May 11, 2008
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