Quante volte avete pensato “Se avessi per le mani uno stupratore o un assassino di bambini io lo ucciderei”? Se rispondete mai o siete degli stancabili utopici della giustizia o nascondete un’identità da Giustiziere della notte. Beh in qualsiasi caso il protagonista di questo simpatico filmetto si trova davanti ad un bivio: è giusto uccidere chi ti ha ammazzato il figlio? Strano film questo “La stanza della vendetta”: un po’ buddy movie, un po’ “Saw”, un po’ “Hostel”, un po’ “I soliti sospetti”. Il protagonista, architetto di successo, si trova servito in un piatto d’argento l’assassino del suo bambino. All’inizio lo pesta a mani nude, poi prova un po’ di armi tra cui una pistola ed un trapano elettrico, poi sceglie di cominciare a inchiodargli le mani. Ed è lì che cominciano i guai: l’assassino che lui cerca ha un tatuaggio sul braccio e l’uomo davanti a lui no. Comincia allora una fuga in un complesso isolato, braccati da poliziotti con un’idea distorta di giustizia, dove i due nemici diventano amici, dove l’identità di nessuno è ben chiara. Sia ben chiaro il film non è nulla di trascendentale, ma come action è abbastanza originale, inizia come un torture movie per poi diventare un giallo ad incastro tra sparatorie e pareti che esplodono come in “Die hard”. I due attori protagonisti sono abbastanza convincenti, un po’ meno un doppiaggio televisivo, ma alla fine se si fa l’orecchio non disturba più di tanto. Semmai è l’autore della sceneggiatura a stupire: quel Joe Chapelle che nel genere horror regalò l’Halloween più tenebroso e alchemico, il 6. Niente da eccepire neanche sulla regia abbastanza ispirata del signor nessuno, Joe Otting, autore di uno o due filmetti senza infamia e senza lode. Da vedere senza farsi più di tante illusioni, ma il suo sporco lavoro di intrattenimento lo fa. Il titolo originale “Already dead” era sicuramento meglio di questo alla Agatha Christie.
di Andrea Lanza
di Andrea Lanza
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