Sunday, April 15, 2007

KAMIKAZE GIRLS di Nakashima Tetsuya (2004)

I colori e i luccichii in questo film sono onnipresenti facendo dell’aspetto cromatico una delle caratteristiche peculiari. La protagonista veste in maniera sgargiante, coloratissima e con tocchi barocco-gotici.
Desidera seguire i dettami di vita dello stile Roccocò e lo fa attraverso un atteggiamento spensierato e sbarazzino. Quello che non riesce a adattare del suo carattere è il sentimentalismo, praticamente assente in lei, che sembra non provare emozioni di sorta trovando il suo benessere nei vestiti e nella moda, ma evitando rapporti interpersonali. La sua aspirazione di vita si limita al seguire la sua particolare moda, al giocare con essa, al comprare costosi capi in un negozio in linea col suo modo di apparire.
Nella sua vita farà breccia una giovane coetanea (Interpretata da una nota cantante Giapponese) che è di tutt’altro avviso, dato che è una sorta di ragazza ribelle, una motociclista che cavalca il suo scooter e non lascia nulla al sentimentalismo, o meglio vorrebbe lasciare alle spalle la sua sensibilità che in passato la portava a piangere di continuo e ad esser e bersaglio di scherzi crudeli da parte delle sue compagne di scuola. Questi personaggi, opposti nelle mode, ma intercambiabili per aspetti che rifiutano ma fanno parte di loro stesse, si avvicineranno sempre più in un mondo dai tratti psichedelici. Un film dalla scanzonata ironia con momenti drammatici ma pur sempre brillanti, sull’orlo della satira. Si analizza il fenomeno delle giovani Giapponesi che vestono in maniera vistosissima diventando nell’apparenza delle vere e proprie bambole.
I personaggi secondari sono caratterizzati in maniera al limite del grottesco e del pacchiano, come la nonna della protagonista che rivive la sua fanciullezza mancata nella terza età, il pseudo rocker esagerato che le due amiche incontreranno in una sala da gioco e il padre della protagonista che viene appellato come “padre buon a nulla”. Film tutt’altro che banale e di una originalità che fa sorridere.

di Davide Casale

MUERTOS DE RISA di Alex De la Iglesia (1999)

Alex De La Iglesia filma il suo secondo capolavoro dopo IL GIORNO DELLA BESTIA.
Il suo film più sentito, più umano, estremamente drammatico pur lasciando spazio a momenti umoristici che però hanno la tonalità del nero assoluto.
Quasi un’ opera teatrale questa epopea che vede genesi vita e morte di un duo di comici Spagnoli. Nino e Bruno, questi i loro nomi, sono dei tipici signor nessuno che grazie a una demenziale gag quale uno schiaffo che uno da all’altro diventano conosciuti, poi famosi e infine celebri.
Il problema è che i due personaggi sono due persone completamente differenti da tutti i punti di vista e fin dai primi albori del successo saranno in lotta tra loro attraverso un’ invidia che sfocerà in dispetti prima quasi impercettibili poi più insidiosi, pesanti e infine pericolosi. Il fatto che la loro fama sia dovuta a un gesto che anche le scimmie possono riprodurre ce la dice lunga sull’imprevedibilità del successo e sulla diffusa stupidità del pubblico televisivo. I due vengono schiacciati da un successo che non sono in grado mentalmente di gestire e esploderanno entrambi uno contro l’altro come in un duello tra titani, senza rendersi conto che loro non sono nessuno presi singolarmente. Sono uniti in quella che diventerà una sorta di maledizione, una discesa all’inferno. Durante la loro lunga vicenda, si parla di una ventina d’anni, ci saranno dei momenti in cui il loro reciproco odio darà spazio alla consapevolezza dell’autodistruzione a cui stanno andando incontro. L’inizio del film è un flashback dopo che si sono appena crivellati di colpi di pistola l’un l’altro, in diretta televisiva, completando quello a cui non potevano evitare di andare incontro. Nino e Bruno sono due entità che si legano e possono slegarsi solo con la morte e che possono vivere solo attraverso la televisione. Film Immenso.

di Davide Casale

ISI DISI ALTO VOLTAJE

Il regista di UNA DE ZOMBIS si occupa del seguito di ISI DISI AMOR A LO BESTIA.
Lo stile è lo stesso e vediamo i nostri eroi, interpretati ancora una volta da Santiago Segura e da Fiorentino Fernàndez, continuare con le loro vite da metallari nei sobborghi di Leganes. Come in ogni storiella dal cuor sincero avranno l’ occasione di sfondare col la loro piccola band rigorosamente metal, Las Ratas Muertas. Ancora una volta abbiamo un inizio fuorviante con sentori alla BEETLEJUICE e con un aggiunta di atmosfere alla Tim Burton. Vi chiederete cosa centrino questi due paragoni, vi dico proprio nulla ed è quello il bello. Anche questo seguito gioca con citazioni irreali e ci trasporta in una moderna fiaba piena di volgarità e situazioni al limite del grottesco. Disi ha intrapreso una carriera nel cinema pornografico per racimolare qualche soldo e continua a emettere quantità enormi di sperma grazie a una dieta a base di formaggini. Questo è uno dei molti esempi che si potrebbero portare. Il budget del film si nota essere non di poco superiore al precedente capitolo e sebbene naturalmente non abbia l’improvvisa carica eversiva del primo, proprio per la sua natura di sequel le risate sono garantite e i momenti umani sono il tocco grottesco che ci tiene incollati allo schermo. La microsocietà dei metallari appare come un mondo a parte dove vigono regole dettate dalla vita sopra e sotto il palco. Dove le persone che per la strada vengono additate come rifiuti sociali, o gente poco per bene, sono coloro i quali hanno i sentimenti più puri, e hanno una consapevolezza maggiore di cosa sia la vita perché più umani nel rapportarsi ad essa. Avremo a conferma di ciò lo scontro di Isi e Disi con uno spietato produttore che non guarda in faccia a nessuno per raggiungere i suoi scopi economici. Ci sarà anche uno scontro tra i due protagonisti che vedranno messa in crisi la loro eterna amicizia dalle logiche di mercato Curioso come Segura, dopo l’enorme successo del filone TORRENTE vesta ancora i panni del metallaro duro e crudo, parte che evidentemente lo emoziona e che veste con una naturalezza incredibile.

di Davide Casale

TRASTEVERE

Con un cast d’eccezione, tra cui Vittorio De Sica, Nino Manfredi, Enzo Cannavale, Milena Vukotic, Ottavia piccolo ecc.. Il regista Fausto Tozzi, in questo suo primo ed ultimo film da regista, compone un acquerello del borgo di Trastevere. Uno sguardo accorato dei primi anni ‘70 su un quartiere che sta mutando, da popolare a distinto e di moda. Meta di hippy ricchi e annoiati, di personaggi del mondo dello spettacolo e attraversato come la strada dalla pioggia, da moltitudini di turisti che si innamorano di quelle viuzze al solo passarci. Uno sguardo lucidissimo sul mutamento in atto che porterà Trastevere a diventare proprio quello che predice qui Cozzi, un quartiere pur sempre bellissimo, ma che conserva poco del suo animo originario. Non è un film comico anche se fa spesso ridere e non è nemmeno un film tragico sebbene a tratti faccia quasi scendere le lacrime, è un film agrodolce con dei tocchi grotteschi e permeato da un realismo incisivo, quasi decadente. Fausto Tozzi ci mette di fronte a quello che è Trastevere è sempre stata e a quello che sta per diventare, ma non è una scelta quella che ci chiede, nemmeno un’ opinione, è solo un punto di vista di chi sicuramente ha amato il quartiere e ora si sente disorientato, triste. Fausto Tozzi ha recitato in numerosissimi film e anche Trastevere è stata “attraversata” da numerosissimi film, forse è una riflessione sui tempi che cambiano e il quartiere ne è un esempio senza dubbio macroscopico.
Le sequenze finali, un funerale che simbologicamente è del quartiere stesso, sono realismo puro, teatralità orchestrata ad arte. E se le donne di Trastevere sono brutte da vedere, volgari, sfacciate, sono la bellezza, il sangue che scorre nelle vene di quel posto, la sua vera essenza che è destinata a sgorgare via come da un’ emorragia sempre più copiosa.

di Davide Casale