Soi Cheang, regista di Hong Kong, ama stupire ritraendo sentimenti in contrasto, violenza psicologica e non ultimo violenza fisica. Caratteristiche che si fondono e vanno di concerto a una resa visiva volutamente grezza che esula dalla bellezza delle forme per colpire dritto allo stomaco di chi vede i suoi film. Dog Bite Dog segue la storia di un giovane poliziotto dalla vita difficile che si trova a braccare un immigrato Cambogiano mandato a Hong Kong per uccidere, personaggio cresciuto negli ambienti della lotta clandestina e abituato a uno stile di vita quasi disumano, un ragazzo che sa solo uccidere oltre che ad avere un ventaglio di emozioni e reazioni dettate unicamente dall’istinto.L’inseguimento costante è contornato da vicende che rendono il tutto estremamente drammatico, i personaggi del film si feriscono, muoiono, le carni si lacerano e il regista celebra il dolore, lo rende palpabile, ci ricorda costantemente che la vita è dolore come è dolore la nascita. La dualità espressa dal titolo stesso è rappresentata direttamente dai protagonisti come lo era nel film precedente HOME SWEET HOME, dove il tema è sempre il dolore, la smarrimento di ogni speranza e i protagonisti si muovono spinti da un comune istinto, quello di raggiungere un obbiettivo che rappresenta la vita a prezzo della sopraffazione. Nulla è calcolato nelle storie di Poi-Soi Cheang, ma tutto è una conseguenza, una reazione continua che passa attraverso una brutalità che lascia a bocca aperta e che riconduce l’uomo alla sua connotazione bestiale. L’Homo Homini Lupus di Hobbes è esplicativo di questo film, i personaggi di DOG BITE DOG cadono nello stato di natura e vi arrivano da due punti diversi, chi ci scende da una vita apparentemente normale e chi, come il Cambogiano del film, ci sale direttamente dall’inferno.
Non bisogna stupirsi se durante i primi dieci minuti del film accade di tutto perché continuerà ad accadere di tutto durante tutta la durata, le gabbie sono aperte e tutte le frustrazioni passate e future dei protagonisti diventeranno gli artigli per una lotta senza fine, un’ autodistruzione e una presa di coscienza che mette in gioco tutto e tutti. Il regista prende letteralmente a pugni la platea e ci riesce in pieno attraverso dolore, sacrificio e sangue, tutto trascinato da una volontà bestiale ma perfettamente riconducibile all’uomo
di Davide Casale
Sunday, May 20, 2007
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