Il sud koreano Yoo Ha,ritorna in mezzo alla rissa con A Dirty Carnival,dopo le rappresaglie studentesche di Once Upon a Time in High School. Sono assolutamente rimarchevoli i combattimenti di strada che,in A Dirty Carnival,riprendono una dimensione reale e concreta,se escludiamo la letalità dei colpi inferti. E' interessante vedere come Yoo abbia scelto di introdurre una tale dose di violenza in un plot che ha solo la cornice del noir ma che in realtà è un percorso umano nitido e chiaro.
Byung-doo è un gangster da sempre,lo è perchè le circostanze lo hanno portato lì,ma si trova a fronteggiare i bivi che lo hanno portato a scegliere una vita sopra le righe in luogo di una esistenza comune, una chimera irraggiungibile. Due diversi nuclei familiari, quella "normale" nella sua banalità che persegue un matrimonio con l'unica ragazza amata sin dall'adolescenza, e quella della gang che è presente sempre e ci viene anche mostrata nei suoi lati positivi,nelle feste a base di karaoke in cui Byung-doo sembra essere felice(indimenticabile il ciccione con i suoi tatuaggi osceni). Il ragazzo diventa cosciente della sua esistenzaquando il suo migliore amico,che si era fatto raccontare le sue vicende di quotidiana criminalità, dirige un film con successo ispirato ai veri fatti vissuti da Byung-doo.Ben sceneggiato, A Dirty Carnival rimane nella mente per alcune bellissime scene di rissa urbana a base di mazze e coltellate, ma soprattutto per l'equilibrio delle parti. Seconda parte di una trilogia sulla violenza,ci fa ben sperare sul futuro di Yoo Ha.
di Gianluigi Perrone
Sunday, May 20, 2007
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