Wednesday, April 16, 2008

Sanctimony (2001) di Uwe Boll


Pochi film sono fregature tanto grosse da voler cercare il regista per flagellarlo: una di questi è sicuramente “Sanctimony”. Credo di essere uno degli estimatori più grandi del regista Uwe Boll, ma il mio primo approccio con lui anni fa non è stato dei migliori, questa sua pellicola paratelevisiva ha acceso il mio malcontento come poche altre. “Sanctimony” è forse l’unico passo completamente sbagliato della carriera del regista: certo di film indigesti ce ne saranno (Alone in the dark), ma nel bene o nel male tutti porteranno il marchio del regista, la sua poetica d’anarchia visiva. Qui invece la regia di Uwe Boll è anonima, addormentata, piatta, imbelle nel rappresentare una storia che non si vergogna di clonare “American psycho” senza ritegno. Abbiamo il pessimo Casper Van Dien, reduce dal grandissimo successo di Verhoeven “Straship trooper” e chissà perché coinvolto a recitare qui, nei panni di un broker di successo con qualche vizietto nascosto. Infatti il nostro Casper di notte si aggira come un’anima persa nei night club più hot in certa di nuove emozioni e, capitato per sbaglio in uno strano rituale di maschere con tanto di omicidio ai fini di snuff, si sente pronto per uccidere a sua volta. Attenzione ho detto che il film scimmiotta il grande libro di Brett Easton Ellis sullo psicopatico Patrick Bateman, ma se cercate in questo lavoro di Boll le stesse atmosfere, lo stesso vuoto pneumatico che sfocia da nichilismo in violenza efferrata del capolavoro su carta, beh avete sbagliato tutto. Qui abbiamo solo un cretino senza alcun fascino che commette omicidi solo perché Dio sa, che se la prende tra tutti con un super sbirro incazzato quando gli tocca la famiglia. Bel pirla aggiungerei pure. “Sanctimony” è un filmaccio davvero meritevole di essere nei cestoni di qualche supermercato a pochi euro, indegno dell’estro che da lì a poco Boll sfoggerà con violenza quasi devastante nelle sue opere future. Nel cast si salva solo un convincente Michael Parè e un paio di sequenze (la scena delle maschere su tutte) girate con una certa professionalità. Ma è poca cosa in un film da dimenticare presto senza rimpianti.


di Andrea Lanza

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