Thursday, April 03, 2008

LA COMUNIDAD di Alex De La Iglesia (2000)

Immaginatevi un palazzo nel centro di una grande città, una signora bionda molto avvenente che presenta uno degli appartamenti in vendita, è molto elegante e fa bene il suo mestiere. Immaginate che lei aspetti un uomo, il suo uomo che deve arrivare a cena per poi passare una notte di fuoco nell’ appartamento che non è loro, una notte di rischio e passione. E’ quello che succede all’inizio de LA COMUNIDAD, la città in questione è Madrid e il palazzo si trova nei pressi di Plaza de España, nel centro della metropoli. Il condominio sarà teatro di tutta la vicenda perché in esso, come premessa di una piece teatrale dai toni tragico grotteschi, la stessa signora bionda che lavora per l’agenzia immobiliare farà la scoperta di un cadavere. Un uomo la cui morte tutti i condomini, che nel loro insieme si chiamano in spagnolo appunto “comunidad”,aspettavano da tempo, un uomo che nascondeva qualcosa a cui tutti ambivano. Il vecchio aveva un sacco di soldi nascosti nel suo appartamento, aveva vinto il totocalcio e per paura dell’avidità dei vicini di casa si era barricato in essa, vivendo tra i propri rifiuti, coltivando il proprio terrore fino alla morte. Ora i vicini sanno che i soldi sono nascosti, senza l’occhio vigile del vecchio, ma incustoditi e sospettano che la signora dell’agenzia immobiliare li abbia trovati e presi prima che loro abbiano potuto iniziare le ricerche. Faranno di tutto perché lei non esca dal palazzo. La regia è di Alex De La Iglesia e la signora dell’agenzia immobiliare è la talentuosa Carmen Maura la quale verrà scritturata dal regista anche nel successivo 800 BALAS, De la Iglesia in questo film si muove a suo agio giocando coi toni del grottesco e delineando i personaggi, i condomini, con una perizia e un’attenzione per i dettagli maniacale! Non c’è personaggio che non sia perfettamente rappresentativo di realtà e di deviazioni sociali mascherate da quotidianità, Iglesia crea una sorta di microsocietà tipica del primo mondo dentro quattro mura, con tutti i difetti e i pochissimi pregi di un’umanità ormai interessata solo ai soldi, ad un obiettivo che deve raggiungere a tutti i costi, perché il sacrificio nell’accezione capitalista, ma anche cattolica, porta alla ricompensa! Meta che si trasforma in fobia, paranoia, un ossessione che costringe i condomini a ipotecare la loro stessa vita, la felicità, in funzione di un sogno che attraverso gli anni è diventato ogni giorno di più un maledetto incubo.
Il cinema di Alex De La Iglesia non cita praticamente mai altri film, la sua peculiarità è l’originalità, ma non per questo mancano strizzate d’occhio a classici della settima arte, cose appena percettibili come alcune inquadrature che non possono che ricordarci Hitchcock e dei brevissimi momenti che ci rimandano alla mente gli zombi di un altro osservatore critico della società odierna, George A. Romero. Il regista in questo film si scatena con le sequenze interne e mette in campo un armamentario inesauribile di inquadrature, grandangoli, carellate e panoramiche sui condomini che sembrano quasi immagini surrealiste. La summa del suo stile registico viene esaltata da un impeccabile senso del tempo, infatti il montaggio è frutto di un lavoro certosino, ogni inquadratura è sfruttata al meglio in funzione dell’angoscia e il senso di oppressione che si amplificano mano a mano si va avanti con la visione, fino alla breve fuoriuscita a cielo aperto. I brevissimi esterni, che sono situati alla fine del film, sono formati da inquadrature calcolate in ogni minimo dettaglio, ricordandoci gli esterni girati come se fossero interni, con poco spazio al cielo, dei primi tre film di Marco Ferreri, quando lavorava a Madrid. Alex De La Iglesia è caustico e in questo film lo è ancora di più rispetto alle sue opere precedenti, si prende gioco dell’istinto umano muovendo i suoi personaggi come marionette sacrificabili in tutto e per tutto, non ci sono buoni o cattivi in questo film, ma solo condomini pieni di sorprese ed estranei che violano l’habitat infernale del condominio. E’ spaventoso come venga rappresentata la fobia umana per la ricchezza in questa tragedia di una dei più briosi e intelligenti registi viventi.

di Davide Casale

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