Peggio o forse meglio di “House of the dead” secondo gusti epidermici che con la critica cinematografica non hanno niente a fare. Alone in the dark è una giostra vorticosa spinta all’eccesso con suoni, sparatorie tanto astratte da essere o dementi o sublimi, con una macchina da presa che tenta l’impossibile in una sorta di virtuosismo tsuiharkiano. Se il nostro occhio viene appagato da una parte da un’estetica visiva tra le migliori del cinema moderno horror, dall’altra abbiamo una storia che si fa fatica a seguire, dialoghi che sono fastidiosamente stupidi, un intreccio appassionante quanto una nonnina in vestito sadomaso. Le due anime di un film disprezzato dai più, reo di avere pugnalato al cuore quanti si aspettavano una vera trasposizione del classico gioco per pc e console e invece si sono trovati una specie di Indiana Jones che incontra Stargate che incontra Relic. Ma la grandezza del film di Boll è di essere una grande opera non sense, azzerando storia e dialoghi, si assiste al più grande esperimento di horror visionario tratto da un videogame. Ormai non servono più, come in “House of the dead”, i fotogrammi presi dal videogioco omonimo, è il videogioco che contamina l’essenza cinematografica diventando una grande partita di cui noi siamo solo spettatori. Alone in the dark preso in quest’ottica da hellzappopping horror diventa un esperimento difficilmente riproducibile di videogame meta cinematografico, un esperimento di futurismo su pellicola che non ha precedenti né avrà successori. Se la regia di Boll è potentissima, qui a livelli da titano d’invenzioni, non si può dire lo stesso di un cast stralunato che rende ancora più bizzarra l’operazione. Tara Reid è buona forse solo per qualche porno con capre che la sodomizzano, Slater che reciti Amleto o Paperino ha la faccia sempre uguale, Dorff è più incapace del suo sempre basso standard. In mezzo a questo delirio la scena dove i due protagonisti scopano al ritmo di “Seven seconds” di Neneh Cherry: esilarante nella sua ironia da eiaculazione precoce. Inqualificabilmente perfetto.
NB La scena dove il nano viene sodomizzato da una legione di scimmie ninfomani in "Postal" sembra omaggiare in chiave comica la morte in questo film di Stephen Dorff.
di Andrea Lanza
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