La vita di un Signor nessuno è intervellata da piccoli momenti: il cibo, il lavoro, film di esecuzioni usati come porno per bipassare la sfera sessuale. Ma l’uomo comune ha rabbia dentro e presto sfocerà nel sangue di massa.
Esordio solitario shock alla regia per Uwe Boll nel 1994 in una pellicola all’apparenza lontana da quelli che saranno i suoi film più celebri. “Amoklauf” è figlio del bellissimo “Schramm” di Buttgereit, ma non ne è un clone, anzi riesce a prendere strade innovative in un contesto sicuramente simile. Rispetto a Buttgereit il film di Boll è meno violento graficamente, ma non per questo meno disturbante. L’odissea del nostro uomo comune, con un lavoro svilente, è soprattutto una storia di alienazione mentale e terribile solitudine. La follia del protagonista sfocia a poco a poco davanti a stupidi talk show che si trasformano in maniera quasi armonica in immagini di estenuanti esecuzioni. Il sesso pur se cercato nelle prime immagini con la violenza diventa orgasmo solo in questo caso di pornografia della morte. Da lì a poco l’isolamento del protagonista viene interrotto con una coltellata ai danni della bella vicina e devastato con una strage di massa che rende quel desiderio di morte non più piacere personale, ma sociale. L’unico modo per rapportarsi con gli altri sembra essere solo l’omicidio, il riuscire a risaltare da una massa tutta uguale risplasmando quella stessa massa a nostro volere così come faceva lo psicopatico di “Schramm” con le sue vittime in una sorta di nuova carne cronenberghiana o come farà Zack Wardh nell'ironico "Postal". “Amoklauf” è un film crudo, disperatissimo che tocca corde di nichilismo estremo nei confronti di una società che tenta di schiacciare i più deboli, dove la violenza è l’unico modo per essere qualcuno. Il tocco di Uwe Boll già comincia a notarsi soprattutto nelle lunghe scene al rallenti della strage finale o nella fascinazione per la morte come estetica che avrà in anni recenti il suo massimo sfogo nel bellissimo “Seed”. “Amoklauf” è un film a bassissimo costo, ma ricco di idee e spunti, forse materia non esportabile o commerciale, ma interessante come poche.
Esordio solitario shock alla regia per Uwe Boll nel 1994 in una pellicola all’apparenza lontana da quelli che saranno i suoi film più celebri. “Amoklauf” è figlio del bellissimo “Schramm” di Buttgereit, ma non ne è un clone, anzi riesce a prendere strade innovative in un contesto sicuramente simile. Rispetto a Buttgereit il film di Boll è meno violento graficamente, ma non per questo meno disturbante. L’odissea del nostro uomo comune, con un lavoro svilente, è soprattutto una storia di alienazione mentale e terribile solitudine. La follia del protagonista sfocia a poco a poco davanti a stupidi talk show che si trasformano in maniera quasi armonica in immagini di estenuanti esecuzioni. Il sesso pur se cercato nelle prime immagini con la violenza diventa orgasmo solo in questo caso di pornografia della morte. Da lì a poco l’isolamento del protagonista viene interrotto con una coltellata ai danni della bella vicina e devastato con una strage di massa che rende quel desiderio di morte non più piacere personale, ma sociale. L’unico modo per rapportarsi con gli altri sembra essere solo l’omicidio, il riuscire a risaltare da una massa tutta uguale risplasmando quella stessa massa a nostro volere così come faceva lo psicopatico di “Schramm” con le sue vittime in una sorta di nuova carne cronenberghiana o come farà Zack Wardh nell'ironico "Postal". “Amoklauf” è un film crudo, disperatissimo che tocca corde di nichilismo estremo nei confronti di una società che tenta di schiacciare i più deboli, dove la violenza è l’unico modo per essere qualcuno. Il tocco di Uwe Boll già comincia a notarsi soprattutto nelle lunghe scene al rallenti della strage finale o nella fascinazione per la morte come estetica che avrà in anni recenti il suo massimo sfogo nel bellissimo “Seed”. “Amoklauf” è un film a bassissimo costo, ma ricco di idee e spunti, forse materia non esportabile o commerciale, ma interessante come poche.
di Andrea Lanza
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