Thursday, April 03, 2008

PERDITA DURANGO di Álex de la Iglesia

Ci sono due anime bellissime e dannate che si incontrano e si amano nella frontiera tra America e Messico: uno si professa mago-scienziato, dell’altra non si niente tranne qualche torbido scheletro nell’armadio. C’è un cattivissimo boss pedofilo che organizza omicidi e piani durante il compleanno della nipotina che tra un vestito da pagliaccio e un abuso smercia per le industrie cosmetiche interi camion di feti umani (ed il fatto è anche vero di cronaca…). C’è una coppia di giovanissimi ragazzi americani in vacanza da soli per la prima volta, innocenti ed imbranati che finiranno per cozzare le loro vite (e sentimenti) con la coppia dell’inizio, tirando fuori il loro lato animalesco. E poi c’è la santeria, la droga, l’amore, il sesso, i sbirri, le vendette e Aldrich con Vera Cruz. Il film maledetto di De la Iglesia, forse la sua opera più assoluta, censuratissima ovunque (impossibile praticamente recuperarlo assolutamente uncut) è un helzapoppin al fulmicotone che plasma con intelligenza e grande senso della tragedia e dell’epica mezzo secolo di cinema e letteratura mondiale, un road movie in cui l’amicizia,l’amore e il sangue scorrono e si fondono continuamente creando diversi piani narrativi e diverse sensazioni. Romeo e Perdita le due anime nere del film, uno che sogna di morire come Lancaster in Vera Cruz e l’altra che è la vera “pupa del gangster”, interpretati divinamente da un immenso Javier Bardem e da una sorprendentemente brava e sexy Rosie Perez, sono due personaggi umanissimi che vivono nel loro mondo fottendo tutto e tutti (“politicamente” ricordano vagamente la coppia di amanti assassini in Natural born Killers di stone): si amano si odiano, si fanno del male fino riunirsi e venire messi a nudo dalle loro nemesi “buone” ovvero la coppia “sacrificale” di sfigati (da antologia il rito di santeria con cadaveri,cocaina e un inviperito Jay Hawkins a fare da spalla al grandissimo Bardem), tutti personaggi costruiti con grande classe e spessore, senza banalità o inutili guizzi pulp da quattro soldi. La carta vincente del film è infatti proprio tutta nell’umanità che viene esaltata in questa folle ed eccessiva corsa in cui non sarebbe totalmente fuori luogo usare la parola melò. De la Iglesia alla sua prima opera “americana” riesce a trovare un compromesso perfetto tra la follia cinica e grottesca dei primi film e il mito quasi “west” del cinema americano, riesce finalmente a bilanciare perfettamente eccesso ed epica come mai gli riuscirà anche in futuro: si sghignazza, si prova ribrezzo e alla fine ci si commuove pure e l’immenso omaggio a Vera Cruz, uno dei più sentiti e bei omaggi da 20anni a questa parte, è solo una sfumatura in un affresco che sembra una fantastica sfrenata di sensazioni ed emozioni, condita da sangue,pallottole,amore e violenza. Assolutamente divino e fondamentale. pure fucking badass cinema...

di Davide Casale

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