Quasi sicuramente il successo di Hatchet è dovuto innanzitutto alla campagna azzeccata con cui è stato presentato il film. Infatti rivendicare una genuinità vecchio stile contro l'imbastardimento dell'horror moderno commerciale ha gioco facile sulle coscienze dei fan desiderosi di vedere il buon vecchio horror anni '80. Ed in effetti Hatchet mantiene quello che promette, ovvero una specie di nuovo capitolo di Venerdì 13. In effetti il protagonista del film, Victor Crowley, l'assassino che massacrerà le vittime di turno nella palude di turno, ricorda molto il vecchio Jason ma senza la sua maschera da hockey e non a caso viene interpretato da Kane Hodder. La struttura è sostanzialmente quella classica di un gruppo assortito di persone che finiscono in un luogo maledetto (in una palude di New Orleans) dove semina la morte un assassino maniaco deforme ed invasato. Quello che funziona in realtà non è affatto la regia nè la componente horror. Checchè ne pensi il regista Adam Green che pare essersi autoconvinto di essere un genio, l'atmosfera horror è mal costruita ed assomiglia grossolanamente a quella di film brutti che vivono di un fascino vintage. Non ha quindi senso riproporre tali sistemi, soprattutto senza le idee chiare. Green ha l'approccio totale di un fan, quindi è felicissimo di metterci dentro Tony Todd, Hodder e Robert Englund,nonchè l'ultima cafonissima canzone di Marylin Manson, eppure non si rende conto che il suo mostro è goffo e ridicolo, realizzato veramente male con una maschera posticcia. Alcune scene di morte sono bene realizzate, soprattutto una donna a cui viene staccata la mandibola, ma il resto è bene o male già visto. Eppure Green ha fatto un buon film,anche se non ha capito perchè. La fortissima dose di ironia, dei dialoghi brillanti e obbiettivamente divertente ed ottime interpretazioni di attori ben diretti rivelano il vero talento di Green, ovvero quello comico. Se i due elementi fossero stati bilanciati avremmo avuto un'opera veramente grande, come molti asserivano in malafede. In realtà abbiamo un piccolo prodotto divertente, interessante proprio perchè rende i suoi difetti tangibili e quindi analizzabili. Comunque si aspetta Green alla prossima prova, The Spiral, che pare essere ben più complessa.
di Gianluigi Perrone
Thursday, April 17, 2008
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