Lungo la Route 66, The Driver(James Taylor) e the Mechanic (Dennis Wilson)sembrano vivere solo per la loro auto modificata,una '55 Chevy ,un' auto scassatissima a cui non daresti due lire,e con essa campano di corse clandestine. Lungo la loro strada incontrano una Ragazza(Laurie Bird) che si unisce temporaneamente a loro, se li scopa possibilmente, in attesa di trovare qualcosa di più interessante da fare. Un giorno incontrano G.T.O. (Warren Oates), un perditempo chiaccherone e pallonaro che, forte della sua Chevrolet 210 coupe,li sfida in una corsa. Two Lane Blacktop anticipa di diversi anni i protagonisti senza nome di un altro road movie d'autore, Driver di Walter Hill, spersonalizzando i personaggi ma in un contesto e con intenti diversi. Infatti Monte Hellman gira un road movie completamente antitetico ai valori del genere. Quella dei due protagonisti non è una corsa eroica verso la libertà a tutti i costi. Questo ideale che acquisterà sempre più valore in questi anni verrà smontato da Hellman che ne rivela il lato più malinconico. La vacuità della vita dei protagonisti che vivono seguendo nessun ideale se non l'automatica spinta a dimostrarsi meglio di quello che realmente sono. Il personaggio di Oates è emblematico in tal senso, cerca continuamente compagnia prendendo su chiunque e ad ogniuno racconta un evento diverso, disperatamente tragico e patetico nella speranza di trovare sè stesso. Così i protagonisti che vivono nella folle impresa di raggiungere una meta,di dare un senso alla propria vita con mezzi impossibili, una vecchia auto semidistrutta che diventerà la tomba per uno di loro. E la morte qui non ha il valore eroico di Easy Raider o Vanishing Point. Nonostante Two Lane Blacktop sia stato associato ai film del genere, nè è lo speculare perfetto. Il lato amaro,più realistico e tragico di una menzogna ripetuta con sé stessi. Che in mancanza di una personalità, una esistenza al limite possa essere riempimento. Dialoghi scarni e quasi nessuna colonna sonora, una vacuità dei movimenti e degli atteggiamente dimostrano la estraneità dei protagonisti a sé stessi. E di contro, a questa lentezza narrativa(paradossale in un film che parla di velocità) c'è una regia rigorosa,palpabile come è sempre quella di Monte Hellman.
di Gianluigi Perrone
Sunday, September 23, 2007
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