Sunday, September 23, 2007

HALLOWEEN di Rob Zombie (2007)

L'ultima cosa che ci si sarebbe aspettati nella carriera di Rob Zombie era che a seguire The Devil's Rejects sarebbe arrivato un remake. Questo perchè siamo obnubilati dal bombardamento di rifacimenti a nastro che hanno inquinato il significato originale dell'idea di una autore di proporre ad un produttore l'idea di rivisitare un mito del passato. Questo perchè oggi sono i produttori che,diritti alla mano, sfruttano il nome e la storia già vincente del progetto (perchè per questi zucconi il film sta nella storiella) per affidarla al primo che passa. Stessa cosa deve essere successa per Halloween, sacra sindone di John Carpenter, ma con la differenza che è finito nelle mani di un cavallo di razza come Rob Zombie. Sicuramente è stata una scelta coraggiosa quella di Rob perchè stiamo parlando di una icona del cinema horror e, diciamocelo, il regista è stato un po' incosciente a esporsi così facilmente al pubblico ludibrio nel caso di esperimento non riuscito. L'intenzione di Rob, e qui è il caso di metterlo in chiaro una volta per tutte, era rileggere la sceneggiatura del film sotto una chiave diversa. Se è vero che nel cinema di Rob Zombie (e nel suo lavoro di musicista e sceneggiatore di fumetti) c'è un filo conduttore che fa capo ad una precisa visione dell'esistenza, il suo interesse era trasporre i propri temi nella storia di Michael Myers. Quindi non più il "pure evil" senza sé e senza ma. Semmai la recrudescenza di un malessere che si trasforma in furia inarrestabile, la stessa che genera i reietti votati al volere del diavolo. L'intenzione di raccontare l'infanzia di Michael Myers, e quindi di dare un motivo al male assoluto allontana immediatamente il prototipo dal modello originale. Michael Myers è diventato una icona mondiale, un simbolo della paura. Una immagine tanto familiare nell'immaginario collettivo,così come Homer Simpson o Paperino(!!!), da far fatica a pensare di non essere reale. Per cui ne immaginiamo una storia umana. Contemporaneamente Myers è accostabile a figure come Charles Manson,Ted Bundy,Ed Gein, serial killer superficialmente posti a rappresentare il male e la perversione tout-court. Naturalmente anche loro hanno avuto una infanzia quindi la vita di Michael Myers viene messa in parallelo con la loro e non sorprende che la situazione familiare del piccolo Michael ricordi molto quella di Henry Lee Lucas e Charles Manson(alcuni fatti le citano chiaramente). Peccato che, visto il film, non si riesce comunque a giustificare il giovane Michael perchè i traumi subiti non sono poi di tale entità da motivare la sua insaziabile fame di morte. Non tanto per la crudeltà degli stessi,dato che la sensibilità di un bambino non è universale, quanto piuttosto l'inutilità della figura di Sheri Moon, la madre di Michael nel film e nella vita la moglie di Rob, il cui personaggio è eccessivamente positivo. Quindi, nella volontà di verosimiglianza che c'è dietro al film, sarebbe stata la totale assenza di amore ad incidere maggiormente sulla supposta psiche del ragazzino. Peccato perchè l'esordiente Daeg Faerch è veramente bravo e intenso, si vede che registicamente c'è stato un grosso lavoro su di lui ma non supportato da quello in fase di script. Stranamente ci sono molti clichè che non ci si aspetterebbe da Rob Zombie , ancora di più nella seconda parte che difatti ha subito diversi rimaneggiamenti. Nel momento in cui si arriva all'età adulta di Michael, interpretato dal vichingo Tyler Mane, il film diventa uno slasher puro che stride troppo con la prima parte. Qui il film si avvicina pericolosamente al modello originale non potendone coprire la materia tanto più che a questo punto si trova totalmente spaesata e fuori luogo. Nel finale il film crolla in ginocchio in un evidente indecisione che lascia a bocca aperta per ingenuità. E' veramente inspiegabile perchè ci sia questo grave senso di irrisolto quando le premesse facevano auspicare un grandissimo film. Probabilmente la pressione di dover lavorare su un personaggio così caldo ha messo Rob nelle condizioni di trovare dei compromessi che non hanno permesso di sviluppare il tema con la giusta lucidità. Ci sono delle incongruenze tali da far supporre più di una intrusione della Dimension, il film sembra un accordo traballante tra una parte che voleva l'autorialità della pellicola in primo piano e l'altra che pretendeva il riscontro di pubblico. C'è però un paradosso non indifferente e cioè che il film cresce ad ogni visione. Il film oggi ha avuto il suo successo al botteghino e conferisce un potere a Rob Zombie decisamente superiore al passato. In attesa di una nuova prova continueremo a studiare le chiavi di ricerca dell'incubo americano di Rob Zombie.

di Gianluigi Perrone

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