Tuesday, September 18, 2007

THE ACID HOUSE di Paul McGuigan (1998)

Due anni dopo la trasposizione cinematografica di TRAINSPOTTING e il successo derivatone, si tenta di battere il ferro ancora caldo con la trasposizione di 3 dei 21 racconti raccolti in ACID HOUSE, sempre dello scrittore scozzese Irvine Welsh. Il risultato al botteghino è stato molto scarso, ma si sa che incassi e qualità del film viaggiano su binari autonomi. Il film si divide in tre parti. La prima, tratta dal racconto “La causa del Granton Star” vede la storia di un ragazzo che è il prototipo della nullità, si arrende davanti al minimo sforzo e indirizza la sua vita verso la più pura apatia. Ci troviamo inseriti esattamente nella giornata in cui il giovane fa i conti con tutto e tutto gli si rivolta contro: viene cacciato da una patetica e sfigata squadra di calcio, la ragazza lo molla perché non si impegna nemmeno mentre la scopa e non la fa mai venire, i genitori lo cacciano di casa per poter fare i loro giochini sessuali in santa pace e come ciliegina sulla torta gli appare Dio! Un Dio chiaramente ubriacone e frequentatore di luridi pub che infastidito dal suo comportamento lo trasforma in una mosca, in un lurido e inutile insetto quale è. Vedremo quindi il nostro protagonista mangiare merda e svolazzare in giro per le case di chi l’ha appena mandato a quel paese.. “Il tenerone” è il titolo del racconto da cui è tratta la seconda parte, con protagonista Johnny (interpretato da Kevin McKidd, presente anche in TRAINSPOTTING,), il quale è il prototipo dell’uomo senza palle, completamente incapace di reagire di fronte alla benché minima minaccia. Si farà inguaiare da una zoccola ninfomane da quattro soldi la quale ha già un figlio di chissachì, lui la sposerà e andranno a vivere a assieme. Dopo poco la coppia entra in crisi e lei lo tratta come una cacca, andando spesso fuori a ubriacarsi e a venderla per strada a due soldi. Un bel giorno arriva un vicino di casa narcisista, ubriacone e sfotticazzi che inizia a sfruttare Johnny in tutti i modi, sfrutterà anche il culo di sua moglie, sodomizzandola alla grande praticamente davanti al marito che ovviamente soffre in silenzio in maniera patetica. Nel terzo e ultimo episodio, tratto dal racconto forse più bizzarro che da anche il titolo alla raccolta e al film “The acid house”, abbiamo Coco Bryce, Hooligan tutto d’un pazzo, drogato, sfacciato e che vive alla giornata fottendosene di tutto e tutti, anche dell’ oca della sua ragazza. E’ interpretato da una faccia già nota da TRAINSPOTTING in cui interpretava l’ indimenticabile Spud, si tratta di Ewen Bremner. Questo Coco Bryce lo vediamo al bar con la ragazza e nel cesso si mangia un acido, poi va fuori come un cavallo e delirando in un parchetto del quartiere viene colpito da uno strano fulmine, il quale trasferisce la sua coscienza all’interno di un bambino che sta nascendo, figlio di un borghesuccio politically correct, la summa di quello che il protagonista odia. Vedremo l’ultrà neonato che si eccita succhiando le tette della madre e che si fa le seghe mentre i “genitori” tentano di scopare. Contemporaneamente la fidanzata oca tratta il Coco col cervello da poppante come argilla da plasmare secondo la sua volontà! Ma Coco Bryce è uno con le palle…Questo film è l’esordio alla regia per McGuigan, il quale gira un film esteticamente curato nella sua crudezza, i personaggi di Welsh sono allo sbando, sporchi nell’animo, violenti, sessodipendenti, rappresentano la feccia del genere umano dal punto di vista della persone per bene, insomma un po’ come la redazione di Cangaceiro. Il regista mette in scena tutto ciò con uno stile che esalta queste caratteristiche, ma lo fa in maniera elegante, stilosa, i fermo immagine che spesso fa su personaggi che non centrano nulla con le storie, ma sono semplicemente persone che vivono in quelle realtà, ci mettono di fronte a quello con cui vuole ci identifichiamo nella visione. Segue alla perfezione il senso profondo di Irvine Welsh che vuole fare vedere una Scozia senza filtri, la vera e pulsante scozia della classe lavoratrice, la working class del luogo che riempie i quartieri periferici delle città. I controsensi e la brutalità in cui nasce e di cui si nutre la penna dello scrittore scozzese sono le basi della società, sono frutto dell’uomo nella sua versione più vicina all’istinto. E’ purezza lavata dalla birra e pisciata giù dagli scarichi dei pub. Ci si esalta in certi momenti! E i tre racconti hanno un energia che implode, rappresentando la costrizione dell’uomo in esistenze da cui vuole fuggire, la rabbia di chi ha poche valvole di sfogo, il finale dell’ultimo racconto ne è esplicativo, viene voglia di ubriacarsi e spaccare tutto spalla a spalla con Coco Bryce, attore che nessuno si immaginerebbe come ultrà spacca culi, ma proprio la sua faccia assurda rende il tutto più avvincente e inaspettato! I personaggi di Wesh sono schietti, la realizzazione di vita per molti di loro è un buco caldo in cui infilarsi di tanto in tanto, un buco umano, e un pub in cui ubriacarsi tra amici con cui divertirsi e di cui sospettare, si perché i l’essere umano in Welsh è infame. Il tossico tipo nelle storie di Welsh non è uno che ruba perché è schiavo della droga che l’ha rovinato, ma è semplicemente un tossico che si diverte a sbumballarsi il cervello e a cui non gli frega un cazzo di fare infamate. Puro e crudo. McGuigan rende tutto questo alla grande, il messaggio è chiaro e siamo di fronte a un film più realistico di TRAINSPOTTING, soprattutto per quanto riguarda l’estetica dei quartieri, dei dormitori in cui si svolgono i fatti, vi è una cura per i dettaglio estrema, cosa che il regista amplificherà nelle sue opere future e che in questo ACID HOUSE si fa notare come perfetto sfondo a dei personaggi scomodi, fastidiosi, brutti, ma made in Welsh e quindi affascinanti.

di Davide Casale

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