Tuesday, September 25, 2007

CAPTIVITY DIRECTOR'S CUT REVIEW di Roland Joffè (2007)

Che colpo vedere “Captivity” nella sua veste rimaneggiata e consegnata alle fauci del popolino assetato di “Non aprite quella porta” e Saw” vari. Si perché il film di Roland Joffè, pur non essendo comunque un capolavoro, aveva almeno una confezione dignitosissima, a partire dal prologo con voce over che segue la protagonista (una imbolsita Elisha Cuthbert star di “24”) per le strade di una città. Joffè gira bene, è attento ai tempi della suspence, non sbrocca mai verso l’effetto facile, ma anzi racconta una non storia d’amore di cavie chiuse in gabbia quasi con grazia. In “Captivity” poi c’è attenzione particolare per gli spazi, gli ambienti, tanto che un sotto plot investigativo diventa parallelismo per raccontare l’oppressione di una prigionia senza senso. Qualche pazzo certo potrebbe leggerci quasi un messaggio politico visto anche le radici impegnate del regista, ma la verità è che “Captivity” non ha velleità, è un compito ben svolto dal suo autore, con un certo stile autoriale, ma null’altro che mero esercizio di stile. Certo è che di questo film i più non hanno visto nulla, la produzione scontenta dell’operato di Joffè (però il suo nome è strillato forte nei flani) hanno ripreso in mano l’opera, l’hanno rimontata, rigirata, involgarendo il tutto. Nel girato originale non c’era una tale ferocia nell’accanirsi sulla protagonista, nessun beveroni di organi fatti trangugiare a forza, nessun barboncino in scena o motivazioni di traumi infantili per gli assassini. “Captivity” così vulgato è opera indecorosa, splendente in alcuni momenti, ma il più delle volte dilettantesca e sconclusionata. Joffè si discosta, ma il povero spettatore si deve solo adeguare in attesa del dvd unrated che porti giustizia al fattaccio. Pensare che qualcuno credeva che i tempi si un “Lisa e il diavolo” stuprato dai produttori fosse spettro del passato. Che schifo però.

di Andrea Lanza

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