Wednesday, October 03, 2007

IN & OUT di Frank Oz (1998)

Giustamente considerata una delle più importanti commedie del decennio scorso In & Out si guadagna il merito di aver fatto ridere ed insegnare con classe ed eleganza. Merito che tanti anni prima veniva associato ad un certo cinema sociale di Frank Capra di cui In & Out è l'esaltazione. Nel film si parla di Howard Brackett, amato professore di letteratura di una piccola cittadina, in procinto di sposarsi. Se non fosse che durante la premiazione degli Oscar (strepitoso il finto trailer Servire e Proteggere), un suo vecchio allievo Cameron Drake decide di annunciare al mondo l'omosessualità del professore Brackett sconvolgendo l’intera cittadina. E' solo l'inizio di un innumerevole numero di gag che porteranno l’effemminato professore a convincersi di esserlo. Lo scopo del film di Oz è chiaro. Ironizzare su l'omofobia collettiva. L'omosessualità è il fattore esterno che inserito in un contesto povero culturalmente, come una piccola cittadina di provincia, scatena l'isterismo. Quindi ecco il preside che non riesce a pronunciare la parola omosessuale, gli alunni che si sentono a disagio dentro lo spogliatoio con il professore, i genitori di lui che spettegolano sulla moralità di Drake e tanto altro. Per questo In & out funziona; il disagio collettivo è perfetto per installare una moltitudine di gag. L'uomo impaurito è un uomo buffo. Così come è buffo il professore che, al di sopra di tutte le prove (Amare la Streisand è quella che in CSI chiamano prova schiacciante), non accetta il fatto di essere gay. In una delle tante scene memorabili il professore Brackett cerca in un corso audio la propria virilità e finirà a ballare sulle note di I will survival ("Arnold non balla! si muove appena"), un ballo scatenato, un ballo rivelatore, un ballo che acceca ogni pregiudizio. In questo senso sono stati perfetti Frank Oz e lo sceneggiatore Rudnick nell'accentuare, senza nulla togliere alla comicità, le situazioni paradossalmente ambigue. In & out è uno sberleffo ad un certo perbenismo, sia mediatico che sociale americano. E in più, cosa che non guasta, fa ridere tanto. Sul lato invece artistico, naturalmente c'è da sottolineare l’egocentricità contagiosa di Kevin Kline qui in uno dei suo ruoli migliori. Ma la "palma" di miglior attrice del film va a Joan Cusack, straordinaria interprete del suo corpo goffo.

di Daniele Pellegrini

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