Tuesday, October 16, 2007

DIARY OF THE DEAD di George Romero (2007)

Che bello per una volta poter dissentire. Ancora più bello poterlo fare quando tutto il mondo che ti sta a cuore, tutto ciò che ti ha cinematograficamente cullato fin da bambino, è pronto ad osannare il nuovo lavoro del maestro degli Zombie-movie. Perchè tutti i forum, i siti internet specializzati, i blog e le riviste, insomma tutto l’entourage di fan di George A. Romero non ha esitato ad esprimere a gran voce il proprio parere positivo rispetto a Diary of the dead. E’ bello, una tantum, poter essere un fan contro i fan. Perchè, con tutto il rispetto che posso nutrire nei confronti del regista di pietre miliari quale è La notte dei morti vivent,i non riesco a farmi piacere la sua nuova fatica. Sarà perchè reduce dalla proiezione poche ore prima di [Rec] (di Jaume Balaguerò e Paco Plaza) che utilizza per tutta la durata del film il medesimo escamotage usato da Romero per il quale tutta la pellicola è girata come fosse una lunga ripresa amatoriale (nel film spagnolo ad opera di una troupe televisiva ed in quello statunitense di un gruppo di giovani cinefili), sarà perchè non particolarmente avvezzo a questo tipo di esperimenti che provano a camuffare o, comunque avvicinare, il più possibile il cinema alla realtà, sarà per questo o per quello, ma non ho accolto Diary of the dead con i migliori propositi. A ciò sarebbe sufficiente aggiungere come il film altro non sia che il banale viaggio di un gruppo di ragazzetti, nemmeno troppo carismatici, e ragazzette, nemmeno troppo fighe, alla ricerca di un luogo dove essere al sicuro dai morti che tornano in vita. Ma la tappa all’ospedale deserto, l’incontro con bande armate fino ai denti, e finalmente l’arrivo alla panic room, ormai troppo compromessi perfino per fidarsi l’uno dell’altro, non sono che un riempitivo per snocciolare per tutti novanta minuti un attacco, a tutto il mondo dell’informazione e alla tecnologia dilagante, tanto invasivamente perpetrato da non sembrare neanche opera di George Romero. Però ci sono gli zombie, però c’è il sangue, però c’è Romero.

di Michelangelo Pasini

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