Wednesday, October 17, 2007

MYSTERIOUS SKIN di Gregg Araki (2004)

Questo film a me è piaciuto un bel po’, anzi mi è piaciuto assai-assai, Gregg Araki è il classico regista sempre-giovanotto alla Larry Clark, che fa film giovanotteschi sui violenti anni novanta, gli anni della generazione x e degli efferati usi e soprusi, dove gli eccessi degli anni ottanta sono diventati cupe deviazioni di noie e routine dovute al benessere ed alle incertezze su un futuro che diventa sempre meno prevedibile e rassicurante. Il film a differenza degli altri ha una poetica particolare, delinea una storia dura come il marmo e delicata come un perbenistico tabù. I cereali colorati che cadono sulla testa del bambino come prima inquadratura fa presagire un film sdolcinato tutto miele molto politically-correct fatto di caramelle e chupa-chups, ma l’animo cupo e martoriato dell’america degli anni novanta non tarda ad uscire fuori, le ombre lunghe del passato tornano con forza e veemenza in due destini simili ma diversi nella costruzione del proprio futuro. I peccati del passato non sono facili da cancellare per i due protagonisti, i fatti e i misfatti vengono narrati con un ritmo lento e cadenzato a differenza delle altre pellicole di Araki ,in Mysterious Skin il regista seguendo il diverso disagio di questi due giovanotti con un trauma grosso come un “Village people” alle spalle, la regia sviluppata e cambia i toni della storia in modi diversi e diametralmente opposti basandosi sulle ottiche dei due protagonisti che ci rendono perfettamente l’idea delle varie angolature con cui è possibile vedere/vivere uno stesso evento traumatico. Il primo somatizza ed l’affronta con fare spavaldo e coraggioso il suo dramma infantile, cercando di non celare a se stesso quello che avrebbe evitato ma che allo stesso tempo essendo inerme all’accaduto ha vissuto il tutto in maniera compiaciuta ed autolesionistica cercando di flagellarsi e stordirsi per non pensare, il secondo ha dimenticato o vuole dimenticare mascherando il tutto con una passione/nevrosi per gli alieni. Araki porta nuovamente allo scoperto i tabù di un’America amara, senza troppi giri di parole ed in maniera molto esplicita tratta un tema scomodo e sempre attuale negli ultimi 15 anni, un film polposo e gustoso….niente da dire a me mi Gusta. Molti sono i detrattori di questo regista, io lo adoro anche perché sempre coerente con se stesso narra in maniera dura ma digeribile tematiche dure e scomode, forse alle volte si compiace e rifà il verso al se se stesso di altri film, ma sono perdonabili impennate dell’ego di un regista validissimo e raro nel panorama mondiale.

di Salvatore Ferrario

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