Il solitario newyorkese Bob Wiley (Bill Murray) è afflitto da una delle più estranianti malattie: è nevrotico per colpa delle sue troppe manie. Ricorre così a Leo Marvin (Richard Dreyfuss), uno dei più importanti psicologi della citta, nonchè autore di uno dei libri più letti "Passi di bambino". Il povero Wiley non sa però che l'egocentrico dottore è in partenza e per liquidare il suo nuovo paziente gli propone la lettura del suo libro. Quello che non può sapere il dottore che Wiley crede ciecamente che il dottore lo possa aiutare, e che, cosa più importante di tutti lo raggiungerà in villeggiatura. La pace del dottore potrebbe essere messa in seria discussione, mentre il nevrotico Wiley sembra non avere difficoltà a fare amicizia con la famiglia di Marvin. Film nato e maturato sull'impostazione artistica dei due protagonisti: per Bill Murray è e non sarà mai nuovo il ruolo di sociopatico. Anzi la figura del nevrotico cinematografico potrebbe seguire di passo passo quella filmografica di Murray. E' nato per questo, non c'è neanche troppo differenza tra il Murray nevrotico impostato e quello come in questo caso nevrotico scherzoso. Probabilmente morirà cinematograficamente sull'orma di questi personaggi. Discorso differente per Dreyfuss. Premetto che è un grandissimo attore, uno di quelli per cui potresti pure innamorarti del cinema, però come attore comico ha sempre funzionato poco. Naturalmente non giova la seconda parte del film tutta sopra le righe e grossolana, dove il suo personaggio viene a sua volta colpito dalle nevrosi create dal paziente intruso. Insomma se c'è da trovare un difetto al film è proprio questo fortuito cambio di ruoli fra il dottore e il nevrotico. Poteva essere anche un idea buona. Ma se il nevrotico Bill Murray mette in scena un personaggio bello e reale (difficile non innamorarsi), al nevrotico Dreyfuss non restano che improbabili scenette che accompagnano il film verso il consolatorio finale. Naturalmente il film non è brutto. Tutte le manie di Bob è un ottima commedia per circa un'ora (c'e addirittura chi riuscirebbe a trovarci delle basi contro la psicoanalisi) e un discreto film goliardico per la seconda metà. Ma sopratutto fa ridere tanto, il che credo sia il vanto maggiore per un film del genere. E' scritto bene e diretto ottimamente da Oz (il che può anche significare che evita di fare danni) e conserva almeno due o tre scene da mandare a memoria: su tutte quella dell'intervista al dott. Wiley. Da vedere e rivedere senza troppe pretese.
di Gianluigi Perrone
Wednesday, October 03, 2007
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