
Miike confeziona un film insolito e curioso. Vediamo la comunità Brasiliana a Tokyo stereotipatamene caratterizzata dall’amore per il calcio, il calcio vincente. Il protagonista schiva quasi i proiettili e nelle sparatorie è abile come fosse un giocatore della sua nazionale. La Yakuza non poteva non esserci, ma è eccessiva, quasi videoludica, portata all’estremo fino ad essere parodia di se stessa. Il tema dell’ organizzazione criminale per eccellenza del sol levante in Miike è più che ricorrente fin dagli esordi. Vediamo scimmiottare anche l’effetto tanto caro a MATRIX e cloni vari. Lo spettacolo visivo del bullet time è ironicamente ridotto a siparietto in un combattimento tra galli, il tutto girato in animazione da cartoni animati della mattina, quelli che si vedono facendo colazione. Le storie si intrecciano e le gang Yakuza sono più di una. Il Brasiliano è impassibile e sa quello che vuole, sembra impossibile che non possa ottenerlo perché ha le doti giuste. Come in una partita di calcio dribbla tutti e l’area avversaria è il suo terreno di gioco. Girato in maniera quasi confusionaria riduce le peculiarità che rendono grande il regista a poco più di un paio di sequenze. Il film sembra girato con leggerezza, per sfogo, senza premere l’acceleratore in nessun senso. Sortisce comunque il suo effetto satirico e non si può dire che non abbia un tocco di originalità soprattutto per il curioso binomio Giappone-Brasile.
di Davide Casale
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