Correva l’anno domini 1988 quando Claudio Fragasso girò il suo “After death”. Nessuno capì la portata di un simile colosso, ma niente sarebbe stato più lo stesso nel cinema horror dopo questo seguito spurio di “Zombi 3” di Lucio Fulci. “After death” è un incubo surrealista, un viaggio senza ritorno nell’inferno più rosso e violento, dove il sangue, i colori, la nebbia sono tonalità presenti nella tavolozza di un pittore impazzito. La trama è poca cosa è vero, ma non di certo materiale di scarto, visto la varietà di citazioni e l’interesse inaspettato nel ritagliare ombre su personaggi all’apparenza bidimensionali. L’idea di un manipolo di reduci del Vietnam posti al centro dell’azione e di umanizzare inaspettatamente gli zombi ha l’occhio di una Cassandra avanti col tempo (“Dal tramonto all’alba” ne sa qualcosa). Sicuramente “After death” è qualcosa di assolutamente moderno e diverso da ogni altra cosa concepita prima. In primis l’intro lunghissimo, quando la mania dei prologhi alla “Scream” è lontana, ha il sapore di un’intuizione avanti mille anni luce da un semplice prodotto d’imitazione. Così come porre in un ruolo regio l’hubrìs umana, il cercare di vincere la morte, ha la grazia sinuosa del serpente, la voce non ancora taciuta di un Omero cantore di eroi e divinità crudeli. I primi dieci minuti sanno giostrare la paura con precisione quasi balistica. Se da una parte i ghoul di Fragasso devono più di un obolo ai Demoni di Bava, dall’altra risultano completamente differenziati per come sono raffigurati con osceno attaccamento al vissuto terreno: parlano, sparano e hanno coscienza. “After death” dice forse la parola definitiva al cinema dei morti viventi. Neanche lo stesso Romero riuscirà con “Land of the dead” ad avere la stessa forza del film di Fragasso. D’altronde come poter liquidare come semplice bassa macelleria un film che si chiude con un finale così plumbeo, barkeriano? Come l’occhio di “Un chien antalou” viene estirpato dal vigore surrealista di Bunuel così la carne e la materia umana diventano solo un passaggio per l’anima. Fragasso gira, tra rallenti e guerriglie urbane, l’inferno sulla terra più sconvolgente mai visto sullo schermo dai tempi di “Dawn f the dead”. Probabilmente non comprendendo neanche lui la portata di una tale pellicola. Quello di Fragasso è uno splendido gioiello ancor oggi sottovalutato. Come un magnifico quadro in attesa di essere studiato…
di Andrea Lanza
Wednesday, June 27, 2007
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