Thursday, August 23, 2007

PLATILLOS VOLANTE di Óscar Aibar (2003)

Platillos Volantes, dischi volanti, è un film ispirato ad un curioso fatto avvenuto tra il 1971 e il 1972 a Barcellona, nel pieno della dittatura Franchista. Aibar, come molti registi della sua generazione, interpreta personalmente il periodo buio della dittatura, permeato dalla paura e dal timore di apparire diversi concentrandosi sulla fotografia e i costumi, mantenendo questi aspetti sulla tonalità del grigio, come l’animo delle persone che vivono questa Barcellona stretta nella morsa del controllo, dove le uniche valvole di sfogo si situano all’interno degli appartamenti dei ricchi, di chi se lo può permettere, la moglie del datore di lavoro dei due protagonisti, ubriacona e adultera tra le mura domestiche, ne è un esempio perfetto. I protagonisti sono appunto due: Josè e Juan, il primo un operaio scontento, che rifiuta la condizione dittatoriale in maniera eccessiva dopo aver tentato varie forme di sovversione più o meno organizzata, alienandosi dalla realtà per sfuggirne, si “rifugia” in un mondo in cui lui è in contatto con gli extraterrestri e ha una missione da compiere per conto “di quelli veramente in alto”. Il giovane Juan viene in un certo modo coinvolto nel sogno- ossessione di Juan, il quale lo convince di vari eventi che accadranno, come una sorta di profezia letta attraverso improbabili segnali extraterrestri. E’ abbastanza chiaro come la parola per decifrare il significato di questo film sia FUGA, il fuggire da una realtà scomoda, e proprio chi possiede (troppa) fantasia e creatività, caratteristiche non sfruttate ma anzi soppresse come in qualsiasi regime totalitario, utilizzerà le proprie capacità per alienarsi, per trovare una via di fuga disperata e border line. Il fatto che le vicende siano ispirate a fatti realmente accaduti ci ricorda continuamente che quella sorta di gioco al quale stiamo assistendo non è un gioco, sebbene gli eventi siano narrati con un piglio quasi fiabesco – grottesco. L’avvicinamento dei due al mondo degli ufo, soprattutto del giovane Juan, avviene in maniera quasi fanciullesca, i suoi occhi sono tutt’altro che increduli sebbene appaiano tali, e la speranza di un qualcosa di diverso, che cambi le cose, viene sfruttata in ogni dove, in ogni parola, in ogni sussurro come un appiglio da cui non perdere la presa per nessun motivo. Anche in un regime si può sognare, ma non si può vivere dentro se stessi, perché prima o poi si arriva a un bivio e questo film ci mette in mostra due cose: in primis il bivio a cui si può arrivare e quello che la nostra mente può essere in grado di mostrarci per proteggere se stessa da chi tenta di limitarla attraverso il controllo. La fuga da questa violenza legalizzata diventa l’unica cosa per cui vale la pena non solo vivere, ma nascere. Al contrario chi si adegua nutre l’oppressione e l’oppressore che si alimenta di paura. La sceneggiatura è molto solida, oltre al regista la firma Jorge Guerricaechevarría, braccio destro di Alex De la Iglesia e collaboratore anche di Almodovar. Platillos Volantes è un progetto particolare ispirato da una storia anch’essa particolare. Eventi che capitano soltanto in particolari condizioni. Il fatto di cui si narra è una deformazione sociale, rara ma realmente avvenuta, quindi più che possibile. Gli eventi qui ricordati sono come l’avvistamento di un oggetto non identificato, un qualcosa che è praticamente impossibile prevedere nelle sue conseguenze.


di Davide Casale

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