Nel tentativo di riappacificarsi con suo marito James, Adele decide di partire con la figlioletta Sarah, raggiungendolo in uno chalet su una scogliera della Scozia. Durante la gita però, Sarah cade in mare ed annega prima che riescano a trarla in salvo. Il cadavere scompare tra i flutti del mare, vero protagonista del film, qui nel doppio ruolo di creatura purificatrice e simbolo di un altrove alieno. Inizia così il calvario di Adèle, tormentata da una serie di strane e paurose visioni con protagonista la figlia morta. Cosa si nasconde dietro al dolore di genitore che ha perso il proprio figlio? E se quelli che ad un occhio razionale sembrerebbero solo vaneggiamenti, in realtà celassero una verità ben più maligna ed antica? Fawcett, regista del discreto Ginger Snaps (da noi Licantropia Evolution) torna con questa fiaba dark tratta dal romanzo "Sheep" di Simon Maginn. Lo fa usando i canoni tanto in voga da qualche anno a questa parte, quelli dell'horror moderno asiatico di the Ring e famiglia, dilatando i tempi e creando un’atmosfera cupa e morbosa, tenendo come riferimento quel film inquietante che risponde al nome di Pet Cemetery, o meglio nel sunto di base: "ciò che è morto non può tornare tra i vivi, qual'ora ritornasse, non sarebbe più lo stesso." Film d'atmosfera dunque, che non rinuncia a puntare il dito sui rapporti famigliari come succedeva nel sopracitato Ginger Snaps, dove la licantropia era un modo come un altro per raccontare le difficoltà degli adolescenti e la loro dipendenza alle droghe. In questo caso è il nucleo famigliare al centro dell’attenzione: le incomprensioni tra i genitori che si ripercuotono in maniera esponenziale sui figli, già perseguitati dai problemi del quotidiano vivere. Ragazzi privi di figure cardine, costretti loro malgrado, a proiettare le insoddisfazioni e le ansie di una società alla resa dei conti. Fawcett gira con una certa maestria, le continue riprese sui flutti d'acqua del mare che si rifrangono sugli scogli, descrivono alla perfezione lo stato d’animo dei protagonisti. E quando entra in gioco il paranormale, un sapiente uso di scenografie illuminate come un film gotico e un montaggio calibrato ne completano l’opera. Effetti speciali ridotti al minimo per un film che punta tutto sull’angoscia intima di un genitore alle prese con un dolore insanabile. Horror solo nella forma quindi, un maggior orientamento verso il lato prettamente exploitation avrebbe fatto di The dark un piccolo cult. Fawcett è da tenere d’occhio!
di Marco Figoni
Thursday, August 23, 2007
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