Forse l'apice della prolifica e spesso brillante carriera di Suzuki Norifumi,Sex & Fury è il film simbolo della carriera di Ike Reiko,papessa della sexploitation nipponica e icona del genere.Qui intepreta Inoshika Ocho,una ladra e giocatrice di azzardo che,durante l'era Meiji( 1868 - 1912 )si trova a raccogliere l'ultima volontà di un assassinato morente che gli chiede di portare dei soldi per riscattare la sorella la cui verginità sarà venduta al miglior offerente.L'uomo che la deve riscattare è un potente diplomatico statale tra i vertici di una
organizzazione che fa capo al governo corrotto che scommette con Ocho il destino della ragazza.Sul tavolo verde,Ocho dovrà incontrare Christina,favorita dell'ambasciatore inglese e abile giocatrice ma in realtà spia del governo segretamente innamorata di un rivoluzionario contro l'alleanza tra Giappone e Inghilterra.Gli interessi delle donne,nonostante le due abbiano molto in comune,andranno a scontrarsi creando un inevitabile scontro.Ocho diverrà la prima molla della rivoluzione e spietata vendicatrice.Film totale che dimostra come Suzuji sia stato un nome imprescindibile per il cinema di genere giapponese,a cui molti contemporanei vedono senza magari ammetterlo.La commistione tra sesso e violenza dello stile del regista qui è perfetta e arriva al sublime con il confronta tra due veneri avvenenti e generose a confronto di Oriente ed Occidente.Ike Reiko e Christina Lindberg(una anno prima del suo film più importante,Thriller a Cruel Picture)dominano nelle scene d'azione e di sesso senza mai rubarsi la scena ma competendo in carica erotica.L'ambientazione cronologica in un periodo di fortissima transizione ed occidentalizzazione del Giappone rivela ancora gli interessi sociali e politici di Suzuki che non manca mai di dare un substrato ai propri film.Come sempre il potere costituito è malato,corruttibile,malsano e deve venire annientato dalla furia distruttiva della libertà che le eroine di Suzuki rappresentano.Alcune scene immense,su tutte il massacro plurimo da nuda e il tragico epilogo finale fanno tremare i polsi per intensità visiva.E Suzuki ancora capofila dell'exploitation nipponica.
di Gianluigi Perrone
Monday, January 15, 2007
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