Wednesday, January 10, 2007

GRAVEYARD OF HONOR di Miike Takashi (2002)

Riadattamento del romanzo Jinji No Hakaba/Graveyard of Honour di Fujita Goro e remake del film datato 1975 e dal titolo omonimo firmato Fukasaku Kinji.Temi perfetti per Miike come la Yakuza e critica interna al suo Giappone. Infatti ll film segue a pari passo con le vicende del protagonista la cosiddetta “bolla economica”, fenomeno esploso nel sol levante durante gli anni ’70 e ’80 che creò una grande crisi socio-economica. Il protagonista del film, Rikuo, è magistralmente interpretato da Kishitani Goro che lo delinea al meglio rendendolo quasi irriconoscibile durante la discesa nel suo inferno personale. Rikuo è uno yakuza diventato tale per aver quasi casualmente salvato la vita ad un boss malavitoso e guadagnandosi quindi un posto di rilievo nella “famiglia”. Rikuo non riesce a scendere a compromessi, è incontrollabile sia dalla yakuza che nel dominare le proprie emozioni e qui di nuovo il riferimento all’ingestibilità di certe crisi economiche. Miike caratterizza la prima parte del film con una presenza incisiva di musiche che ricordano epopee gangster ambientate nell’america del proibizionismo, siamo in pieno clima malavitoso ma fin da subito le regole ferree della Yakuza vengono scombussolate dal comportamento istintivo del protagonista che mette a repentaglio oltre alla sua vita anche la vita di coloro che onoratamente lo rispettano e lo considerano un fratello. Rikuo è un proiettile vagante nell’ordine prestabilito della criminalità organizzata, difficile da contenere e impossibile da prevedere quando inizia a fare uso massiccio di eroina, per giunta con un approccio alla droga del tutto casuale, esemplificativo dell’incontenibilità e imprevedibilità del personaggio. Una figura femminile gli si affianca e tenta di far parte della sua vita, cosa impossibile dato che nemmeno lui riesce a governare la propria esistenza, curioso come tra il protagonista e la sua “sposa” non vi sia alcun dialogo durante le oltre due ore della durata se non un breve dialogo schermato attraverso un vetro di una prigione. Tipico di Miike conferire ai personaggi femminili un ruolo particolare, subalterno e che tende sempre a portare una sorta di razionalità.Non è un film epopea e questo è molto importante dato che la storia di Rikuo non va di concerto all’ambiente in cui è inserito e tanto meno crea lui stesso un proprio regno personale. Il protagonista non va nemmeno controcorrente, questo sarebbe il caso della vendetta, ma l’unica vendetta in cui si imbarca è un vendetta sbagliata ed erronea. La causalità e l’errore dominano la sua storia e la fanno caratterizzare dall’ imprevedibilità.Rikuo non si muove nemmeno trasversalmente ai fatti, lui si muove in tutte le direzioni andando a rimbalzare ovunque e dichiarando guerra a chiunque gli si pari davanti quale ne sia la ragione, senza quasi un motivo.Film profondo e girato magistralmente. Rikuo in una sequenza reca una bandiera del Giappone appoggiata sulle gambe, egli rappresenta il Giappone stesso della “bolla economica”.

di Davide Casale

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