Saturday, November 10, 2007

PARANOYD di Debora(h) Farina e Giuseppe Amodio (2007)

Al di là di tutto il chiacchiericcio nato intorno a Paranoyd, la presentazione al Tribeca (ma che sia quel Tribeca?),delle presentazioni a Los Angeles(ma che sia quella Los Angeles?) e degli attestati di stima di Quentin Tarantino (ma che sia quel Quentin Tarantino?) quello che incuriosisce riguardo a quella che è stata pubblicizzata come una visual sensorial experience, un sexy thriller psicologico, una via di mezzo tra Argento e David Lynch è di che tipo di film fosse e se fosse effettivamente un film. Più di qualcuno ha espresso dubbi sulla creazione di un progetto cinematografico totalmente a budget zero, girato con una troupe di 2 persone tutto incluso in un solo giorno di riprese(compreso sonno e pausa pranzo). Il film esiste ed ha più di una qualità assolutamente inedita alla storia(del cinema e non). Nonostante siano dichiarate come influenze del film i succitati Lynch e Angento, il lavoro di Giuseppe Amodio(regia,sceneggiatura,operatore di camera,montatore,compositore,special fx,best boy,driver,stunt...) e Debora(h) Farina(soggetto,regia,camera,montaggio,fotografia,musiche,distribuzione,produzione...) ricorda più da vicino alcune delle sperimentazioni recenti di Jess Franco per l'uso di effetti caleidoscopici da funghi allucinogeni, preponderanza di atmosfere di erotismo più vicine al gonzo amatoriale anche se non così spinto ed il mistero,che è una costante del lavoro. Non solo perchè durante il film,come recita una delle numerosissime didascalie all'inizio del film, sono avvenuti fatti misteriosi ma anche per l'incomprensibilità di alcune scene topiche su cui la camera si dilunga, come le armi da Cluedo che spuntano dagli alberi all'inizio dei titoli di testa o una lunga insistenza sul disegno delle mattonelle della cucina su cui la camera inducia fino ad impazzire soffermandosi sui fornelli e successivamente sugli utensili del bagno, come a volere trarre fuori una misteriosa essenza dal focolare domestico. Ancora il mistero si insinua nel sonoro in loop, le musiche psichedeliche insistenti e onnipresenti che continuano oltre l'immagine, tanto che nonostante il cambio di scena la musica rimane la stessa, effetti campionati slegati dalla realtà, quasi ipnotici e senseless. E ancora la H che compare e scompare dal nome di Debora(h) Farina e la Y peregrina di Paranoyd, due incognite che potrebbero anche celare altri misteri sconosciuti. "Ogni mente costruisce il suo proprio mondo" è una delle numerose didascalie dalla quale si dovrebbe intuire il mistero dietro Paranoyd, didascalie da retrogusto seventies che diventano quasi dei video o addirittura un karaoke che segue le musiche a tema. Farina e Amodio sono tutti i personaggi che passano per lo schermo, addirittura quest'ultimo nel triplo ruolo del postino,di Giorgio e dello zappatore, con una rivelazione finale naturalmente aspettata visto che in fin dei conti sullo schermo ci sono sempre le stesse due persone. Paranoyd è un prisma che non teme rischio di spoiler vista l'esilità del plot, potrebbe essere il sogno lisergico di un ferrotranviere pachistano, di un infante che si appresta a nascere o di una foce che sta per morire, qualsiasi cosa potrebbero esprimere le immagini dello schermo così a rischio di epilessia. Espedienti sperimentali aggiungono effetto alla narrazione:scenografie asettiche,screensaver di windows,uso massiccio dello split screen,simboli fallici, la frammentarietà cronologica,new york sono derive drammatiche per lo spettatore che affrontano una anti-narrazione in divenire. Difficile contenere l'applauso nella scena di sesso ctonia in cui sotto il movimento delle coperte risuona una versione pop di Happy Birthday to You e con voce atona la protagonista recita un brano da un manuale di entomologia. Come è possibile tutto ciò? In una ideale sintesi minimale le farfalle,l'(assenza di) acqua sono temi semantici ormai quasi abusati ma qui rappresentati con una valenza popolare, quella della donna sexy che fa entrare l'uomo maschio per controllare il proverbiale tubo che perde. Nonostante le presenze del film siano due, il terzo protagonista del film è il bosco, che si ripresenta ancora e ancora,nelle stesse immagini colorate da tonalità opprimenti. Alla fine del film i nomi dei due protagonisti di questa avventura ritornano ancora e ancora a sottolineare la dualità dell'operazione ma quasi di monito oscuro verso quel mistero mai svelato che va oltre la visione del film, che ti porti a casa e ancora nel sonno della mente.

di Gianluigi Perrone

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