Thursday, November 22, 2007

LA ANTENA di Esteban Sapir (2007)

In una città un cinico e potente uomo d’affari tiene in scacco la popolazione avendo rubato loro le voci. Riescono ad esprimersi col labiale e formando nell’aria le parole, quelle si, ci sono ancora. Un uomo e la sua famiglia, dopo aver conosciuto un bambino senza occhi ma che ha ancora la voce, decidono di combattere il tiranno attraverso un’antenna posizionata appena fuori città. La voce del bambino senza occhi è la chiave e devono trasmetterla a tutti gli abitanti affinché possano recuperare la loro. Per osteggiare il piano dei protagonisti il ladro delle voci mette loro ai calcagni un uomo ratto e un manipolo di sicari. Il film è girato come un’opera dei primi del 900’ di stampo surrealista, molti scenari sono costruiti in carta pesta e i monti attorno all’antenna che da il titolo all’opera sono realizzati con semplici fogli di giornale (con tanto di foto e articoli che si intravedono). Abbiamo degli echi anche nei confronti dell’opera di Odilon Redon, in particolare nella sequenza in cui si vede la luna che sta fumando il sigaro. Gli abitanti senza voce fanno in modo che la recitazione sia in linea con quella dei film muti dando un contrasto tra alcuni aspetti futuristici e altri che si rifanno al passato, un po’ quello che si vede in Brazil, ma qui siamo su canoni totalmente differenti. La Antena di Esteban Sapir, regista Argentino il quale aveva un altro film all’attivo e un videoclip di Shakira, è una metafora in stile fabula del totalitarismo, la città in cui si svolge la vicenda è una qualsiasi città, o uno stato, è lo stesso, l’importante è la frase che ripete l’anziano tra i protagonisti “ci hanno rubato la voce ma non le parole”. Un metafora perfetta del popolo a cui viene impedito di esprimersi, di avere una voce, ma che deve sottomettersi in silenzio alla brutalità di un regime. In Argentina durante la dittatura di Peron la situazione non era certo floreale, moltissimi dissidenti rifugiarono infatti all’estero… Un film interessante e brioso con degli attori molto bravi nel dare l’idea del film muto, interessante il lavoro di scenografia, le musiche e la perfetta fotografia in un bianco e nero d’altri tempi. Un’ opera che vuole essere istruttiva e ci riesce con uno stile del tutto peculiare.

di Davide Casale

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