Immaginate il classico villaggio semi-abitato spazzato dal vento del deserto, avvoltoi che volano in un cielo plumbeo girando in circolo nell'attesa di un buon pasto.
In questo paesaggio funereo si fa strada un uomo di nero vestito, avvolto in un mantello più scuro di una notte senza stelle, il suo passo è deciso, niente lo turba.
Si ferma davanti ad un saloon, accende un mozzicone di sigaretta e subito il volto s’illumina del colore della vendetta, dà uno sguardo in giro, estrae dal mantello una croce in legno con un nome inciso sopra, si concede una boccata di fumo e la pianta a terra.
La sparatoria a seguire dimostra l’assoluta superiorità di Django nel dispensare morte, capacità che nel corso della vicenda diventa quasi arte “funerea”.
Inizio folgorante per questo western dalle tinte gotico-horror, interpretato da Anthony Steffen protagonista d’innumerevoli western; partendo dai Django apocrifi, ai vari Sartana e Sabata, Shango, Garringo, Apocalisse Joe e persino Arizona!
Girato con mano esperta da Sergio Garrone, abile mestierante del western e non solo, sono famosi (decidete voi se per meriti o demeriti) gli ormai classici eros-svastika: SS lager 5: L’inferno delle donne (1977) e Lager Ssadis Kastrat Kommandantur (1976).
Fortunatamente in questo caso -a differenza dei sopraccitati- Garrone svolge un lavoro più che ottimo riuscendo nel difficile intento di unire le atmosfere del cinema gotico con quelle Western, andando ad arricchire quel sottofilone crepuscolare nato con Django (1966) di Corbucci e portato alla perfezione sempre dallo stesso con Il grande silenzio (1968).
Le l'atmosfere plumbee, la messa in scena di simbologie funeree fanno di Django il bastardo un western sui generis, il lato “crepuscolare” cede ben presto il passo ad atmosfere addirittura horror.
Il protagonista si muove solo di notte, appare dalle ombre (tanto che tutti pensano sia un fantasma) e scompare tra di esse in un batter d'occhio. A conferma della sua presenza rimangono solo cadaveri con a fianco una croce!
La trama, che ovviamente è solo un pretesto per la carneficina, racconta di un tradimento durante la guerra di secessione da parte di tre ufficiali e il conseguente massacro. Django, unico “sopravvissuto”, riapparirà dalle ombre come un fantasma per vendicarsi.
Plot non dissimile da High Plains Drifter (1973) di Clint Eastwood, conosciuto da noi col nome di Lo straniero senza nome, anche se il tema della vendetta (con le sue varianti) è uno dei temi cardine del Western.
In conclusione: lasciatevi cullare dall'atmosfera e godetevi il rito mortuario!
di Marco Figoni.
Sunday, July 08, 2007
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