Wednesday, July 19, 2006

JARHEAD

Lo stesso regista di AMERICAN BEAUTY si cimenta in un film di guerra permeato da una critica pungente ma non troppo. Con un inizio che vuole richiamare /citare FULL METAL JACKET e con le immagini di APOCALYPSE NOW a metà film, si vuole mostrare quanto la guerra sia uguale nella sua ciclicità e quanto la si veda attraverso stereotipi da qualsiasi angolazione la si osservi, anche dall’interno (è dall’interno, in prima persona, che ce la mostrano qui). Mendes ci ricorda, non ci fa capire ma ci ricorda, quanto la guerra possa essere noiosa vista dall’interno, o per lo meno diversa da come viene mostrata. Questo vale sia nel caso una guerra sia cruentissima sia nel caso sia di stazionamento. I soldati descritti in questo film sono le prime linee durante il conflitto che vede impiegati gli Stati Uniti in difesa del Kuwait, nome che si può tranquillamente sostituire con “petrolio”.
E’ proprio il fatto che il regista "ci ricorda" a non far a mio avviso decollare il film come avrebbe potuto, molte cose che si accinge a "svelare" non sono poi affatto stupefacenti, sono cose intuibili e proprio per il discorso della ciclicità in parte risapute, sebbene alcuni spunti siano architettati in maniera molto intelligente, come quello sulla globalizzazione, reso a metafora con un soldato che descrive il suo pasto come spaghetti alla marinara piccanti, e siamo in mezzo a un deserto.. Tolta la narrazione scanzonata e accattivante, però già vista in precedenti film del regista, non abbiamo poi tanto di cui impressionarci o da ricordare.
Non un film da evitare, anzi, ma nemmeno da tesserne tante lodi e di sicuro da non inserire nell’olimpo dei film di guerra. Il problema di Mendes è che continua a tentare di girare dei film "indipendenti" quando non lo sono affatto, oltre all’essersi impantanato in una sorta di manierismo...

di Davide Casale

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