Altra guerra, altre vittime. “Redacted” è un documento filmato che cerca di ridare il volto agli orrori bellici insabbiati, che non accetta più di essere filtrato attraverso la spettacolarizzazione di una pellicola o di una trama articolata come invece nelle opere grandi del genere, da “Platoon” a “Nato il quattro luglio”. “Redacted” è la storia di una vendetta che porta ad altra vendetta che porta ancora ad una vendetta e così via, all’infinito come un serpente che si mangia la coda. Il plot ricorda moltissimo il precedente lavoro del 1989 di De Palma, “Vittime di guerra”, dove un gruppo di soldati nel Vietnam decideva di segregare e stuprare una ragazzina locale per poi ucciderla. Qui cambia il luogo, l’Iraq, e il modo di raccontare il tutto: basta rallenti, basta virtuosismi di camera, è un cinema non cinema ripreso dall’occhio di una telecamera amatoriale e trasmesso attraverso i canali più comuni di fruizione: you tube, i Tg, siti talebani. Non ci si può affezionare a nessuno, né al cameraman che diventerà lui stesso oggetto da riprendere ed essere ripreso, né al presunto eroe che sbraita ma non fa nulla per fermare gli orrori che si stanno compiendo né agli stessi iraqueni che massacrano a mente lucida un soldato qualsiasi. Cosa rimane quindi? Forse il filmare noi stessi e urlare ad una web cam il nostro orrore perché “che sia Iraq o Vietnam non cambia un cazzo” o magari piangere mentre il mondo ti acclama come un eroe. Non è tanto la violenza mostrata ad essere terrorizzante, ma l’idea stessa della violenza, di cosa l’uomo può fare e come nemici differenti hanno la stessa brutalità nell’agire. La macchina da presa documenta giornate sotto il sole di questi soldati che aspettano solo un segnale per tornare a casa, che possono uccidere donne incinte solo perché analfabete, che vivono il terrore di una bomba nascosta sotto il sole. E’ un pianeta sconosciuto, dove i militi americani sono alieni goffi e sperduti, dove la violenza è una dimostrazione che la paura sprona i vigliacchi a sottomettere i più deboli. E’ proprio nei primi minuti quando la telecamera del soldato Salazar si ferma su piccoli particolari, zoomando sulle note di Händel, come già Kubrick, che cogliamo l’alienazione di uomini mandati a morire senza forse capirne i motivi. Il sole che fa sudare, una mosca, dei bambini che giocano a pallone, il tempo viene azzerato in una perenne attesa del nemico nascosto ovunque. De Palma gira non la sua opera migliore, ma un film esperimento interessantissimo, in antitesi con la spettacolarizzazione di un certo cinema finto amatoriale come i recenti “Cloverfield” e “Rec”. Le ultime immagini con i frame di bambini mutilati o ustionati dalle bombe sono di difficile digestione, una raffigurazione dell’orrore della guerra nell’orrore stesso delle sue vittime. Titoli di coda in un silenzio agghiacciante da restare davvero senza più nessuna parola dopo.
di Andrea Lanza
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