Friday, January 04, 2008
In the name of the king (Dungeon siege) (2007) di Uwe Boll
E finalmente ci siamo. Dopo anni a sbavare dietro trailer uno più brutto dell’altro sembra che per vie oscure qualcosa si muova e spunta in qualche festival questo nuovo Uwe Boll. I detrattori siano calmi e in silenzio perché se di tutti gli ultimi Boll questo è il meno personale (e quando “Seed” uscirà sarà una vera e propria bomba) è anche vero che “In the name of the king” è il più curato registicamente, il più rigoroso nell’imbastire una storia epica dai tratti molto spettacolari (un applauso agli effettisti in questo caso). Boll si sposta dai suoi canonici territori della paura per abbracciare quasi completamente lo spirito avventuroso che tanto contraddistingueva i suoi lavori horror, senza dimenticare però di girare grandi momenti da cinema del terrore come l’attacco nei boschi scuri da parte di creature dall’aspetto di lucertoloni. Il cast è di prim’ordine con la presenza di attori come Ray Liotta nei panni del villain dai poteri magici e un imbalsamato Burt Reynolds in quelli del re. Il ruolo dell’eroe spetta al Bruce Willis del nuovo millennio, Jason Statham, capace di dare al ruolo del contadino, trascinato per vendetta e casualità in un intrigo più grande di lui, una dimensione di fisicità prorompente che sopperisce una recitazione non sempre brillante. Tra i co-protagonisti poi spiccano l’Hellboy Ron Perlman, le belle Claire Forlani e Leelee Sobieski, il tolkeniano John Rhys-Davies (era Gimli ne “Il signore degli anelli” di Jackson) e soprattutto la divina ex Bloodrayne Kristanna Lockann. Il film è costato 60 milioni di dollari e forse per paura di fare flop al botteghino l’uscita è stata più volte rimandata. Boll dal canto suo si vede che ci mette proprio l’anima nel girarlo: la sua regia virtuosistica ben si adatta alle panoramiche mozzafiato che il genere fantasy richiede e una certa dose di follia nei combattimenti danno anche un tocco di originalità ad una vicenda che originale proprio non si vuole. Il tocco alla Uwe Boll che tanto fa storcere il naso ai suoi molti nemici non manca neppure qui: lo scontro tra Statham e Liotta è in puro bullet time matrixiano solo che al posto del proiettili ci sono armi bianche e poteri magici. Il film è comunque molto ben fatto, soddisfacente nella sua totalità, con momenti di commozione vibrante come il combattimento finale sotto il fango e la pioggia dove eroi e cattivi periscono con il volto nella melma. Il film sicuramente non è esente da difetti, ma si respira finalmente aria di fantasy con la f maiuscola, di grande divertimento che possa catturare figli e genitori, come non succedeva davvero da tempo e come purtroppo non c’è riuscito Jackson nel suo pastrocchio guerrafondaio dalla facile noia. In attesa di potere gustare “Dungeon siege” nella sua giusta dimensione, una sala cinematografica, non mi resta che consigliarvi questo film.
di Andrea Lanza
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