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WASSUP ROCKERS di Larry Clark (2005)
Wassup rockers traducendolo in Italiano dallo slang significa più o meno “come butta rocchettari”. Frase con cui si rivolgono polemicamente i neri nei confronti del gruppo dei protagonisti Ispanici. Sono tutti del quartiere di South Central, ai sobborghi della Città Degli Angeli. A differenza dei neri ascoltano punk, portano borchie e capelli lunghi e come gli altri passano le giornate tra la scuola e l’ozio in un quartiere ghetto tra i più degradati.Larry Clark fa voto di castità e si auto censura non mostrandoci sesso e droga e concentrandosi nella sana critica sociale. E’ proprio qui il problema di Wassup Rockers, la critica sociale è innocua, puerile,trita e ritrita, non aggiunge nulla di nuovo e al contrario getta nel calderone gli stessi ingredienti trattati da ormai decine e decine di film. Clark fa avventurare i suoi ragazzi dal ghetto fino a Beverly Hills in maniera forzata e pretestuosa e ne fa una metafora dello scontro tra due quartieri completamente opposti, tra due Americhe che non si conoscono, si evitano, si disprezzano. Lo fa attraverso gli occhi di un gruppo di ragazzini innocenti, testimoni e vittime di una discriminazione feroce ma senza rendersene conto, siamo noi quelli che dobbiamo scandalizzarci, ma la cosa non funziona e l’effetto non è nulla più che una sensazione di deja vu. E’ una sacrosanta e veritiera lezione di sociologia, ma che ormai tutti conosciamo a memoria. Un poliziotto che forza i ragazzi Ispanici a tornare nel ghetto, i bianchi che non vogliono “bastardi” intorno alle loro donne, persone dalla pistola facile. Già tutto affrontato più e più volte.La caratterizzazione dei protagonisti è poco approfondita e quasi non si distinguono i personaggi anche perché sono racchiusi in un unico humus, sembra una fotografia in negativo la quale non lascia spazio ai dettagli.Si tocca il fondo quando ci si accorge che Clark ricicla alcune situazioni di KIDS in maniera tutt’altro che velata e in maniera troppo pretestuosa, arriva a ricalcare alcune sequenze in cui l’unica differenza sono gli interpreti.Il regista ha dato il meglio proprio in film che apparentemente sembrano solo un voler stupire tramite scene esplicite di sesso e di eccessi. Qui se ne libera del tutto, ma non riesce a mantenere la carica decadente ed eversiva di film come KEN PARK. Un film pressoché inutile dalla struttura circolare che parte da una giornata qualunque per riconnettersi a un’ altra giornata qualunque ma con un giro anch’esso qualunquista, del già visto e del già sentito. La colonna sonora, che annovera gruppi street punk presi direttamente da South Central, i quali si ispirano alle sonorità ribelli dei THE CASUALTIES, risulta la cosa più interessante del film, ma è troppo poco.di Davide Casale
di Davide Casale
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