Monday, January 15, 2007
FEMALE YAKUZA TALE di Ishii Teruo (1973)
di Gianluigi Perrone
SEX & FURY di Suzuki Norifumi (1973)
organizzazione che fa capo al governo corrotto che scommette con Ocho il destino della ragazza.Sul tavolo verde,Ocho dovrà incontrare Christina,favorita dell'ambasciatore inglese e abile giocatrice ma in realtà spia del governo segretamente innamorata di un rivoluzionario contro l'alleanza tra Giappone e Inghilterra.Gli interessi delle donne,nonostante le due abbiano molto in comune,andranno a scontrarsi creando un inevitabile scontro.Ocho diverrà la prima molla della rivoluzione e spietata vendicatrice.Film totale che dimostra come Suzuji sia stato un nome imprescindibile per il cinema di genere giapponese,a cui molti contemporanei vedono senza magari ammetterlo.La commistione tra sesso e violenza dello stile del regista qui è perfetta e arriva al sublime con il confronta tra due veneri avvenenti e generose a confronto di Oriente ed Occidente.Ike Reiko e Christina Lindberg(una anno prima del suo film più importante,Thriller a Cruel Picture)dominano nelle scene d'azione e di sesso senza mai rubarsi la scena ma competendo in carica erotica.L'ambientazione cronologica in un periodo di fortissima transizione ed occidentalizzazione del Giappone rivela ancora gli interessi sociali e politici di Suzuki che non manca mai di dare un substrato ai propri film.Come sempre il potere costituito è malato,corruttibile,malsano e deve venire annientato dalla furia distruttiva della libertà che le eroine di Suzuki rappresentano.Alcune scene immense,su tutte il massacro plurimo da nuda e il tragico epilogo finale fanno tremare i polsi per intensità visiva.E Suzuki ancora capofila dell'exploitation nipponica.
di Gianluigi Perrone
DELINQUENT GIRL BOSS di Yamaguchi Katsuiko (1971)
mala.La ragazza si allea con le sue ex compagne di riformatorio ed entra nel clan del padre di una di esse,in lotta con un gruppo yakuza avversario.Inevitabilmente troveranno lo scontro.Oltretutto Delinquent Girl Boss ha una storia inutilmente complessa che si contorce su se stessa perdendosi spesso nella comicità slapstick meno appropriata che si sposa molto male con i momenti che sottendono alla vicenda vera e propria,in cui il gruppo di ragazze affronta gli yakuza.Yamaguchi sembra non voler rischiare e non eccede nè in sesso nè tantomeno in violenza,creando un'opera troppo tiepida per poter shockare chicchessia.
di Gianluigi Perrone
MILLIONS di Danny Boyle (2004)
di Gianluigi Perrone
LUCKY NUMBER SLEVIN di Paul McGuigan (2006)
Slevin prosegue sulla stessa falsariga,stavolta con un cast di invidiabile talento.Fulcro della vicenda è Slevin,interpretato da Josh Hartnett che sta cercando di costruirsi una carriera all'insegna della crime story,un nullafacente trovatosi suo malgrado alle strette tra due boss della mala scambiandolo per l'amico Nick che è misteriosamente scomparso.I gangsters lo
mettono nelle condizioni di dover uccidere un uomo e procurarsi 33.000 dollari entro tre giorni per non vedersi fare la pelle.Quella di Slevin è la classica storia che parte da un assunto per racchiudersi a spirale verso altre realtà che racchiudono una rivelazione finale completamente diversa e questo sembra essere ovvio sin dalle prime battute del film.E sono la prevedibilità degli eventi e la difficoltà da diventare storia a sè dallo stile di altri connazionali che impediscono a McGuigan di fare un salto di qualità.Il regista ha affinato la regia notevolmente e fa un ottimo lavoro cronologico,soprattutto nella prima parte del film,ma si perde in alcuni inutili manierismi come dialoghi troppo sopra le righe per non rimandare a inevitabili deja-vu e situazioni paradossali che danno sempre un pò il senso di forzatura.Il tema
della vendetta a lungo termine,ormai abusatissimo,necessita soluzioni inedite per non diventare un clichè intermittente.McGuigan è comunque raffinato e sicuro di sè dietro la macchina da presa ed è innegabile che un cast del genere,che vede gigioneggiare Ben Kingsley e Morgan Freeman,aiuta molto la visione.Eppure,anche l'apporto di Lucy Liu sembra decisamente sprecato perchè i personaggi non sono mai incisivi.Alla fine il migliore della partita rimane Bruce Willis che è evidentemente altrettanto valido nelle interpretazioni pacate minimaliste che in quelle muscolari.
di Gianluigi Perrone
Wednesday, January 10, 2007
GUMMO di Harmony Corine (1997)
di Davide Casale
GRAVEYARD OF HONOR di Miike Takashi (2002)
di Davide Casale
TANK GIRL
Non convince questa trasposizione cinematografica dell’ omonimo fumetto. La figura bizzarra della ragazza post punk che attraversa la sua esistenza in maniera istintiva e fuori dai canoni, in un mondo post atomico, è interpretata da Lori Petty. L’attrice non riesce a dare le sfumature necessarie al personaggio. Sono completamente assenti caratteristiche che rendono Tank Girl unica, primo fra tutti lo sguardo cinico di quando si arrabbia e regge cocciutamente la sigaretta tra le labbra. La Petty incarna un personaggio che delinea sufficientemente l’essere sbarazzino della giovane punk ma manca totalmente di verve per quanto riguarda i momenti action del film, emozioni di rabbia sono ovattate in maniera deludente. Non servono a molto interpreti d’eccezione quali Malcolm McDowell, Ice-T, Naomi Watts e Iggy Pop per citarne alcuni.
Tank Girl è un personaggio difficile da interpretare certo, ma qui viene addirittura affossata la sua figura, delineata come una stupida bambolina sexy che pare non sapere nemmeno dove si trovi, con qualche impeto di rivalsa mal fatto messo a casaccio. Il carattere pungente tipico di un movimento in stile “Riot Girrrrl” qui non esiste e fa di questo film un’ occasione totalmente sprecata, si poteva ottenere divertimento puro con una trasposizione ben fatta e invece si ottiene addirittura della noia.
HUSTLE & FLOW di Craig Brewer (2005)
Manning e Taraji P Henson non sono assolutamente da meno)Brewer ci cala completamente nella dimensione più greve dell'american dream,di quel sogno talmente disperato perchè unica via di scampo dalla miseria più nera.Negli occhi di Djay c'è tutta la paura di chi non ha mai avuto nulla ed ha comunque tutto da perdere,mentre si aggrappa con le unghie a una pietosa bugie che gli possa dare l'opportunità solo di contemplare il sogno.Una grandissima parabola esistenziale che si avvale dell'atmosfera dei bassifondi neri mutuabile alla blaxploitation anni '70,di cui Hustle & Flow è uno dei pochissimi discendenti degni del nuovo millennio.A riprova di ciò,la presenza di Isacc Hayes,interprete del cult Truck Turner e pietra miliare del funky che risuonava in mille colonne sonore del filone blax,così come la colonna sonora del film,rigorosamente hip hop con pezzi cantati dallo stesso Howard,mette i brividi.
di Gianluigi Perrone
MONOPOLY
di Gianluigi Perrone
THE TATTOOED HITMAN
Hawks che avrebbe ispirato anche DePalma visto che il protagonista,il gangster Yozakura,è il prototipo del malvivente che vive una inarrestabile ascesa al potere in una spirale di violenza inarrestabile.Lo yakuza Yozakura è un tipo duro e taciturno,molto vicino a quello che Don Siegel aveva fatto di Clint Eastwood dall'altra parte della legge,con una propensione particolare ad eliminare chiunque non avesse maniere adeguate al suo gusto.Eccessivo,desiderato dalle donne e odiato,invidiato ma rispettato dai nemici,viene mandato dal suo boss a ristabilire una situazione incontrollabile ad Osaka.Qui,da outsider,Yokazura comincia a schiacciare uno per uno tutti i boss della mala con mano di ferro,divenendo in breve tempo potentissimo.La sua scalata diventa motivo di paura ed invidia per molti,sia tra le forze dell'ordine che tra il resto della malavita locale.Solo contro tutti,Yamashita venderà cara la pelle.Teso e di ritmo serrato,The Tattooed Hitman sfrutta al massimo le capacità recitative di Sugawara e un sceneggiatura solida,classica ma efficace.Curioso il fatto che tra gli sceneggiatori ci sia Jack Sholder,regista di genere che ha all'attivo ottime prove come l'Alieno e Nightmare 2,alla sua unica esperienza asiatica.
di Gianluigi Perrone
CRIMINAL WOMAN:KILLING MELODY
si rivelerà essere terribilmente spietata.Il regista Mihori Atsushi non pare aver prodotto null'altro nella vita oltre a questa pellicola rientrata un pò tra i cult del genere.A dirla tutta si vede una
certa inesperienza ed una difficoltà a spingersi oltre certi limiti.Rispetto ad altre pellicole dello stesso filone(si pensi ai lavori di Suzuki Norifumi)gli eccessi visivi legati alla violenza sessuale e non sono più contenuti e visivamente poco impressionanti.Nonostante un'ottima mano sulle scene d'azione la trama diventa spesso macchinosa e ridondante sacrificando il ritmo.Anche il piccolo primato di utilizzare la motosega in modi poco convenzionali un anno prima di Non Aprite Quella Porta(anche se il primato spetta a L'Ultima Casa a Sinistra)sfuma per la mancanza di scene sanguinolente in cui l'arnese venga utilizzato in tutto la sua potenzialità.
di Gianluigi Perrone
TERRIFYING GIRLS HIGH SCHOOL
liceo femminile.In realtà noi sappiamo che la ragazza si è lanciata per sfuggire al linciaggio di un gruppo di compagne che,foraggiate dal preside,creano un clima di terrore in tutto il liceo.Quando nella scuola verranno mandate le tre peggiori studentesse del Giappone,espulse da tutte le scuole(una va anche vestita da cow girl)che si scontrano con il nonnismo imperante.In realtà una di loro cerca vendetta per la morte della amica del cuore.Come spesso nel cinema di Suzuki,ogni scusa è buona per creare nuove possibilità di tortura e libido.Tra un nudo ed una scena lesbo,il regista si performa nelle più sadiche violenze a sfondo sessuale tra cui spiccano la lampadina vaginale e l'elettrocuzione puberale. Il tutto con l'eleganza visiva che caratterizza sempre le opere di Suzuki.Del regista rimane la provocazione spinta dell'istituzione e del potere,dipingendo addirittura il Primo Ministro col tipico baffetto hitleriano e lasciando ad intendere che più un programma si basa sulla rettitudine e la ricerca pedissequa delle regole imposte,più viene corrotto dall'interno nella maniera più laida possibile.
di Gianluigi Perrone
SCHOOL OF THE HOLY BEAST di Suzuki Norifumi (1974)
terra nipponica venisse prodotto uno dei migliori prodotti del genere in assoluto. Suzuki Norifumi(insieme allo sceneggiatore di fiducia Kakefuda Masahiro),nei primi anni 70 ha prodotto quanto di meglio la exploitation giapponese potesse partorire con cult come Girl Boss Guerilla,Sex & Fury,Terrifying Girls' High School e questo School of the Holy Beast(noto anche come Convent of the Sacred Beast). La giovane Maya si dà alla sua ultima notte di bagordi prima di chiudersi nel convento dove 18 anni prima sua madre la diede alla luce perdendo la vita in circostane misteriose.Nel convento sperimenterà l'ipocrisia e la cattiveria della madre superiora e delle altre novizie ma soprattutto della perversa corruzione che pervade tutto il mondo clericale.SOTHB è pervaso da un tale senso di depravazione che non avrebbe sfigurato in una novella di DeSade.Il fatto di non avere la religione cristiana come dottrina di Stato e non essere ideologicamente legati al cristianesimo ha permesso agli sceneggiatori di fregarsene e sbizzarrirsi in immagine iconoclaste e irriverenti verso le figure religiose.Infatti è raro vedere un tale accanimento verso la categoria clericale e una tale eretica blasfemia verso le immagini sacre.SOTHB è una creatura poliedrica che contiene in sè diverse nature diverse.Idealmente un sexploitation condito da molta ironia nella sua prima parte, in cui la lascivia è il pane quotidiano di ogni inquadratura dove viene stimolata e suggerita la libido sessuale ed ogni scusa è buona per mostrare un paio di tette. Da questo punto di vista se la contendono la protagonista,Takigawa Yumi(al suo esordio dove il suo personaggio prende il suo stesso cognome)e la ninfetta viziosa Yamauchi Emiko nel ruolo di Ishida,che sono le più smaliziate tra le occupanti di questo convento del vizio.Ma nella pellicola pulsa anche una forte anima horror/drammatica esaltata dalle ispirate inquadrature di Suzuki che dimostra un immaginario raffinato nella sua perversione.Rischiano di far gridare al capolavoro scene
dall'enorme impatto visivo come la fustigazione con le rose dall'incredibile fascino simbolico
ed ambivalente e la tortura dell'acqua salata dal deviato sadismo eretico che contribuisce,con la più morbosa delle vicende incestuose,a dare a School of the Holy Beast quel forte senso di bestemmia cinematografica.
di Gianluigi Perrone
ZERO WOMAN:RED HANDCUFF
Capostipite di una saga che ancora oggi produce seguiti anche di dubbia qualità.Zero Woman Red Handcuff è probabilmente uno dei capisaldi dell'exploitation anni '70 giapponese. Nata dalle chine del mangaka Shinohara Tooru ,autore anche di un altro cult ispiratore di una lunga epopea di vendicatrici in gonnella,Female Prisoner Scorpion,Rei è una poliziotta tenace che riesce a stanare un pervertito ambasciatore politico(non per nulla occidentale),eliminandolo.La sua lungimiranza non sarà premiata,anzi verrà radiata dal corpo e imprigionata per omicidio a causa delle conseguenze diplomatiche che il caso crea.Rei dovrà subire le umiliazioni del carcere fino a quando non verrà richiamata alle armi come Zero Woman nel momento in cui la figlia del Primo Ministro viene rapita da un gruppo di sadici balordi.Infiltratasi nella gang,Rei scoprirà a sue spese la ferocia dei criminali che la sottoporranno a sevizie di ogni tipo per poi andare incontro alla feroce vendetta della Zero Woman. L'anima fortemente blaxploitation di Zero Woman Red Handcuff permea tutta la pellicola con una accento brutale e perverso sulle numerose scene di stupro che pongono l'accento sulla violenza feroce dei villain di turno.Un primo stupro di gruppo ai danni della ragazzina rapita,un secondo con scene di sodomia
selvaggia e il classico assalto al focolare familiare con una frenesia sessuale sanguinolenta senza pari.Oltre al sadismo sessuale si aggiungono le torture cruente come la sanguinolentissima morte dell'ingenuo fratello pentito di uno dei criminale,inorridito dall'insana ferocia dei compagni, per mano vendicativa dello stesso congiunto e lo spietato interrogatorio della polizia tramite fiamma ossidrica.La matrice fumettistica della pellicola si esplicita nella seconda parte quando i personaggi assumono caratteristiche macchiettistiche e sopra le righe,tra tutti l'eroina nella sua mise rossa su stivaletti neri e le manette in tinta che rotea nell'aria come un'arma micidiale. La fisicità di Miki Sugimoto è prorompente e l'attrice non lesina nel mostrare le sue grazie spesso straziate da mani avide e lussuriose.Yukio Noda firma la sua opera più famosa con una potenza visiva stupefacente e conferisce all'opera un lirismo che la innalza dalla mera produzione di genere.Zero Woman non tornerà più ai fasti della sua prima missione. Il numero zero di una saga intramontabile.
di Gianluigi Perrone